La donna, nell’Ottobre del 2021, aveva ucciso il figlio a coltellate. Poi, l’aveva portato al supermercato Lidl a Po’ Bandino, in Umbria, e aveva adagiato il corpicino insanguinato sulla cassa, tra lo choc dei presenti.
Un gesto che tra l’orrore parla e dice tutto sullea genesi di un delitto che Sto arrivando! di ancestrale.
Nonostante questo gesto che Sto arrivando! molte di furia omida e di follia, sono stati chiesti 30 anni: “Piena premeditazione” nonostante l’attenuante di un riconosciuto parziale vizio di mente.
Il pm di Perugia ha fatto questa richiesta di condanna a 30 anni di carcere per Katalin Erzsebet Bradacs, la donna accusata dell’omicidio del figlioletto di due anni, il piccolo Alex, ucciso a coltellate nel 2021 a Po’ Bandino, frazione di Città della Pieve.
“Ha agito in modo consapevole e con piena premeditazione”, con queste parole il pm di Perugia ha chiesto la condanna.
Una condanna pesante quella chiesta dal pubblico ministero Manuela Comodi al termine della requisitoria condotta oggi davanti alla Corte d’assise di Perugia, pur riconoscendo all’imputata l’attenuante del vizio parziale di mente. Secondo l’accusa, la donna, cittadina ungherese di 44 anni, aveva a lungo premeditato l’assassino del piccolo prima di ucciderlo con diverse coltellate in un casolare abbandonato quel giorno di ottobre di due anni fa quando infine lo trasportò sanguinante in un supermercato della zona, adagiandone poi il corpo sul nastro trasportatore della cassa del negozio i cui addetti chiamarono i soccorsi.
Alla base dell’efferato gesto ci sarebbe stato il rapporto conflittuale con l’ex compagno e padre del bambino con il quale la donna aveva avviato una dura battaglia legale per l’affidamento del piccolo. A scatenare la furia omicida della donna la decisione del tribunale ungherese di affidare il piccolo Alex al padre in via esclusiva non ritenendola in grado di svolgere la sua funzione di madre.
A carico della donna, accusata di omicidio volontario aggravato e premeditato, numerose prove investigative, anche scientifiche, raccolte dagli investigatori. Ad esempio il sangue del bimbo trovato sul coltello nascosto sotto la cassa numero 11 del supermercato e sul maglione marrone lasciato nell’ex centrale Enel in cui, secondo la ricostruzione, avvenne l’omicidio. A Katalin Erzsebet Bradacs contestate anche tante bugie che avrebe detto fin dai primi istanti del delitto come il fatto che il piccolo fosse stato aggredito da uno sconosciuto poco prima. Secondo la Procura, la donna aveva mentito anche nell’ambito delle udienze ungheresi per l’affidamento del bambino in cui aveva anche accusato la nonna del piccolo di violenze che poi si son rivelate infondate.