Sanità: si cominci a fermare la privatizzazione ed a togliere il numero chiuso a medicina!
Abbiamo letto con attenzione e interesse l’intervento del dottor Quiriconi, Presidente dell’Ordine dei Medici di Lucca, apparso nei giorni scorsi a proposito dello stato penoso in cui versa la sanità toscana.
Se possiamo condividere alcune sue considerazioni, certo non possiamo fare altrettanto per le sue evidenti omissioni. Il fatto che ci si ostina a non voler vedere è che il quadro macroeconomico perseguito dai governi italiani degli ultimi trent’anni, pedissequamente mutuato da un’Europa selvaggiamente liberista, porta esattamente alle conseguenze che con ritardo pluridecennale gli ordini dei medici italiani cominciano a comprendere.
Come non rendersi conto che il controllo maniacale dei conti pubblici, assurto a pilastro indiscusso dei trattati europei, altro non è che la formula macroeconomica per ordinare agli stati membri di ridimensionare gli organici del pubblico impiego?
Come non capire che il vincolo di bilancio inserito in Costituzione e mai messo in discussione né dai politici, né da alcuno dei numerosi rappresentanti dei corpi intermedi, portava inesorabilmente allo smantellamento di tutto ciò che, nel nostro paese, è stato gloriosamente pubblico nei primi quarant’anni del dopoguerra?
Come non gridare con forza contro un PNRR, che sotto ogni aspetto si preannunciava come l’ennesima azione di commissariamento nei confronti dell’Italia?
Ma veramente sindacalisti e presidenti di ordini e associazioni si aspettavano una valanga di soldi, volti a rivitalizzare una sanità che è stata sistematicamente sotto attacco negli ultimi decenni?
A dimostrazione della bufala sottostante a queste premesse, ricordiamo che circa 15 milioni, spalmati in 5 anni, sono stati promessi alla sanità lucchese come declinazione locale del PNRR, una miseria sostanzialmente equivalente a quanto ormai si spende (ma per un solo anno) per la remunerazione dell’attività aggiuntiva (si tratta della retribuzione maggiorata riconosciuta a medici e infermieri che accettino di buon grado turni massacranti e riposi minimi di legge negati).
Non solo: di questi 15 milioni, non è previsto un euro per l’assunzione di personale; tutto se ne va in ammodernamento tecnologico e implementazione degli ospedali di comunità, che già si preannunciano un boccone ghiotto per il privato che subentrerà, come è facilmente prevedibile, in assenza di personale aggiuntivo dedicato.
Rallegrandoci, quindi, per l’intervento del dottor Quiriconi, sottolineiamo che non si può affrontare in maniera settoriale la crisi profonda che coinvolge la classe medica del settore pubblico, senza avere il coraggio di mettere sotto accusa l’idea di economia e di società che ha informato l’azione politica degli ultimi decenni: un’idea che attribuisce alla concorrenza spinta, al predominio del mercato in ogni campo, al progressivo ritrarsi dell’intervento pubblico, allo smantellamento del welfare, un ruolo strategico nella riforma dello Stato.
E’ indubbio che le giunte della Regione Toscana, a cui la presente si allinea aggiungendo un tocco di ottusa perseveranza, hanno rappresentato una potente cinghia di trasmissione per questo modello macroeconomico, attraverso politici indottrinati e dirigenti ubbidienti, con cui è stata blindata la direzione suicida verso cui l’Italia, e con essa la sanità pubblica, è stata indirizzata.
Ciò non toglie che la carenza dei medici, denunciata dal Presidente dell’Ordine, è drammatica da almeno dieci anni in tutto il paese.
Se ha compreso l’appello che gli lanciamo nelle righe precedenti, cominci col richiedere la rimozione dell’anacronistico numero chiuso delle iscrizioni alla Facoltà di Medicina. Una cosa semplice, di cui guarda caso nessuno parla!
Senza questo intervento non si capisce proprio come si potrebbe risolvere il problema della carenza dei medici. La verità è che se vogliamo tornare ad una sanità degna di un paese civile, sono tutte le scelte politiche degli ultimi trent’anni che vanno rovesciate da cima a fondo.