LETTERA APERTA ALLA CGIL – “LE DOMANDE DA PORSI: AL PROPOSITO DELLA POSIZIONE FILLEA SUL PIANO INTEGRATO DEL PARCO DELLE APUANE”

 

Abbiamo riscontrato che la recente posizione assunta dalla Fillea Cgil sul PIT del Parco delle Apuane, ancora una volta –quando si parla di cave e settore del marmo – corrisponde e ricalcafedelmente quelle espresse dalle associazioni imprenditoriali.

Per l’occasione il Presidente del Parco Puntamorsi ha sentito persino la necessità di ricordare a tutti che lo stesso Piano prevede nuove aree estrattive – e aggiungiamo contestate per vari motivi tra cui gli usi civici e altro che non elenchiamo – fuori dai confini del Parco.

In qualità di iscritti alla Cgil e per il nostro trascorso di attivisti ed esponenti sindacali del settore e di rappresentanti sindacali difabbrica dichiariamo che non ci riconosciamo in queste posizioni.In quanto le riteniamo caratterizzate da una eccessiva difesa dell’esistente che rende purtroppo subalterna la posizione del sindacato alla linea dettata dagli imprenditori. Questo non consente di mettere giustamente a fuoco il ruolo negativo svolto dagli enti locali, a partire dalla stessa Regione Toscana, che assecondano le mire espansive dell’imprenditoria a discapito del territorio e di un patrimonio ambientale inestimabile. Cosi come, a nostro parere, non si indirizza i lavoratori che temono per il proprio futuro nella direzione giusta.

Ci riconosciamo invece pienamente nelle parole del Segretario Generale Landini che precisa “… il lavoro va rimesso al centro, non solo per difendere i posti di lavoro, ma per capire che cosasi produce e come si produce e con quale sostenibilità ambientale”.

Riteniamo che queste affermazioni del Segretario esprimono unacorretta linea generale in questa epocale fase di transizione ecologica che sta sconvolgendo e sempre più accadrà nei prossimi anni, l’economia reale e il mondo del lavoro.

Il settore del marmo, da decenni, vede una costante caduta occupazionale a fronte di un aumento vertiginoso dei volumi estratti. Il consumo irreversibile dei giacimenti è davanti agli occhi di tutti.

Noi riteniamo che questa tendenza vada invertita; con una riduzione dell’estrazione e del suo impatto ambientale e con la ferma richiesta della contropartita di trasformazione in zona ditutto il materiale in prodotto finito. In modo da salvaguardare nel tempo l’occupazione.

Il lavoro si difende nell’oggi e per il futuro solo con una visione della sostenibilità e riproducibilità del modello economico di riferimento: visione che, con dispiacere, vediamo assente dalle elaborazioni del sindacato degli ultimi anni.

E’ invece evidente a tutti che i ritmi e le tecnologie con le quali si estrae marmo da alcuni decenni nel comprensorio Apuo-Versiliese– oltre che essere la causa di tanti infortuni anche mortali -produce enormi danni ambientali irreversibili, inquina le riserve idriche con olii e marmettola, sottrae enormi quantità di acqua ai depositi di falda e ai corsi d’acqua, produce disagi per gli insediamenti urbani con traffico rumori e polveri sottili.

I contrasti con le popolazioni locali, anche per le crescenti sensibilità ambientali dunque sono destinati a moltiplicarsi. Ed è evidente che contrapporre i lavoratori alle popolazioni, come spingono a fare gli imprenditori del settore, non è la via giusta da percorrere.

E’ invece necessario prendere coscienza che si tratta di un settore che non è destinato a durare in eterno e che neppure può lasciare solo sconquasso e distruzione sul territorio. Bisogna iniziare a pensarci sin da adesso.

La risposta alla domanda di salvaguardia dell’occupazione, per tutto questo, riteniamo che debba essere posta agli interlocutorinaturali, che sono le aziende, proprio in questa fase di rinnovo e rilascio delle decennali concessioni estrattive.

Noi dai dirigenti sindacali ci aspettiamo un pensiero autonomo, forte e critico, rispetto a quello del padronato il cui unico scopo è stato e resta il profitto e al quale vanno poste le giuste domande.

Cosa e quanto intendono lasciare sul territorio in questa nuova fase del settore?

Quali piani industriali e occupazionali, quali strategie disostenibilità e quali reali percorsi di transizione queste aziende vogliono avviare per continuare a produrre?

Sono disposte ad impegnarsi per estrarre esclusivamente materiale di qualità e di portalo tutto a prodotto finito, e dunque arricchito dal lavoro in zona, oppure vogliono proseguire con la favoletta in cui non crede più nessuno – e finalmente neppure il sindacato visto che chiede un impossibile intervento pubblico di controllo – della inesistente filiera corta?

Oltre alla riqualificazione del settore sono possibilidiversificazioni negli investimenti? Ad esempio investimenti nel settore turistico e ambientale potrebbero essere indicati quale una nuova frontiera integrativa verso la quale indirizzare parte dei profitti per una nuova occupazione?

Un fatto è certo: non può più essere accettata la via facile dello sfruttamento di beni comuni non riproducibili, per gli interessi di pochi e fino a quando sarà possibile. Per tutto quanto esposto auspichiamo che la CGIL si faccia carico della necessaria apertura di un serio e approfondito dibattito su questi temi.

 

Sottoscritto da :

 

Antonioli Andrea, già Segretario Fillea e della Camera del Lavoro Versilia

Ardito Roberto, già RSU dell’Henraux Spa e del Direttivo Fillea Versilia

Bacci Riccardo, già delegato sindacale Art Marmi

Bazzichi Agostino, già RSU Savema Spa e del Direttivo Cgil Versilia Benedetti Claudio, già delegato sindacale dell’Henraux Spa

Brillante Rosario, già Segretario Fillea Cgil della Versilia

Ciucci Gabriele, già dirigente sindacale della Fillea Cgil Versilia e Lucca

Gasperetti Luigi, già RSU Henraux spa e del Direttivo Cgil Versilia

Giannoni Paolo, già funzionario Fillea e delegato sindacaleHenraux Spa

Lenzoni Alessandro, già RSU Cerpelli Pompe e Segreteria Fiom

Pocai Lamberto, già dirigente della Fillea Cgil – Filtea e Fiom Lucca

Vannoni Moreno, già RSU Henraux spa e del Direttivo Cgil Versilia

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