L’Arpat trova i pericolosissimi Pfas anche nelle acque della Toscana
Ritrovate da Arpat tracce nel Serchio, nel Versilia, nell’Usciana, nell’Elsa, nel Bisenzio e nell’Ombrone.
Queste pericolosissime sostanze chimiche, che si degradano solo dopo moltissimo tempo, sono state trovate nelle acque superficiali e di scarico in diversi punti della regione Toscana, e i rilevamenti sono solo all’inizio. È stata l’Arpat a fare la scioccante scoperta, che chiede però maggiori risorse per fare più esami e per avere un quadro più completo della situazione, su tutti i luoghi dove possono annidarsi queste sostanze, tra le più pericolose al mondo per la salute e per l’ambiente. È da segnalare che manaca anche una legge nazionale, nonostante lo scandalo del Veneto dove queste sostanze hanno intaccato parti importanti della falda acquifera della regione.
Anche la magistratura locale sta seguendo con grande attenzione l’intera situazione in Toscana per la presenza dei Pfas, proprio dopo lo scandalo in Veneto, quella che è stata definita, probabilmente la più grande tragedia ambientale europea degli ultimi anni dove i Pfas hanno contaminato l’acqua in un’area abitata da 350mila abitanti tra le province di Vicenza, Verona e Padova!
I Pfas vengono impiegati purtroppo dagli anni Cinquanta (e già allora si segnalarono, senza ascolto! alterazioni di parametri importanti nella popolazione umana) per la produzione di numerosi prodotti commerciali: soprattutto per impermeabilizzare certi tessuti: e proprio da questo uso sembra aver preso avvio l’inquinamento del Veneto: l’utilizzo più noto di questi composti è probabilmente e nella produzione dei tessuti tecnici come il Goretex! Ma anche per il trattamento di certe pelli; per insetticidi; schiume antincendio; vernici. Addirittura per il rivestimento di certi contenitori per il cibo per il rivestimento antiaderente delle pentole da cucina (Teflon). Ma si ritrovano in certe cere per pavimenti e detersivi. Oggi queste sostanze sono conosciute per la contaminazione ambientale che hanno prodotto negli anni proprio a causa della loro stabilità termica e chimica, che le rendono resistenti ai processi di degradazione esistenti in natura. Oltre alla tendenza ad accumularsi nell’ambiente, i Pfas persistono anche negli organismi viventi, compreso l’uomo, dove risultano essere tossici ad alte concentrazioni anche accumulata nel tempo. Data la loro capacità di accumularsi negli organismi, la concentrazione di Pfas è bioamplificata man mano che si sale lungo la catena alimentare. Infatti, considerando che l’esposizione dell’uomo ai Pfas avviene principalmente per via alimentare, per inalazione e ingestione di polveri, una volta che queste sostanze entrano nell’ambiente per contaminazione dell’acqua entrano nella catena alimentare attraverso il suolo, la vegetazione e le coltivazioni, gli animali e quindi gli alimenti.
I risultati di una ricerca proprio eseguita nel Veneto, condotta dall’Università di Padova sull’interferenza dei PFAS sul controllo ormonale del sistema endocrino riproduttivo nell’uomo, sono stati sconvolgenti!
Si parla di possibilità di incremento delle patologie andrologiche, come l’infertilità, il criptorchidismo, i tumori del testicolo.
Ma il fatto più allarmante è che molti studi sperimentali condotti negli ultimi anni hanno ormai ipotizzato che le sostanze perfluoroalchilanti (Pfas) siano in grado di agire come interferenti endocrini. Per questo dal 2006 l’UE ha introdotto restrizioni all’uso dell’acido perfluoroottansulfonico (PFOS), una delle molecole più diffuse tra i PFAS, insieme all’acido perfluoroottanoico (PFOA) da applicarsi a cura degli Stati membri.
Carlo Foresta, Professore di Endocrinologia all’Università di Padova e Presidente della Società Italiana di Fisiopatologia della Riproduzione, uno degli scienziati autori della ricerca nel Veneto, ha affermato che: “ …la presenza dei PFAS è stata riscontrata nel cordone ombelicale e nella placenta di donne esposte – ha sottolineato Fontana – si può ipotizzare una precoce interferenza dei PFAS sullo sviluppo gonadico e sulla documentata riduzione di sviluppo nell’altezza e nel peso dei figli nati da queste donne esposte“.
Questa dei PFAS, peraltro, si inserisce in una tendenza più vasta: l’ambiente si sta progressivamente arricchendo di prodotti inquinanti, principalmente di residui chimici, della plastica e dei suoi prodotti di degradazione, ai quali l’uomo e gli animali possono essere esposti attraverso l’alimentazione, le acque e il contatto stesso. Queste sostanze definite “interferenti endocrini”, possono alterare l’equilibrio e la funzione degli ormoni interagendo o interferendo con la normale funzione ormonale e portando effetti avversi sulla salute.