Il Santo del giorno, 9 Febbraio: S. Apollonia, protettrice dal mal di denti e dei dentisti

 

Le avevano strappato i denti e minacciato di metterla sul rogo, nel quale, liberatasi un momento, si gettò di sua volontà, piuttosto che rinnegare la fede!

A Bolognana di Gallicano, per la prima volta nell’anno, il Sole torna a spuntare di nuovo da dietro il Monte Gragno, dove fino al giorno prima tramonta prestissimo!

 

Sant’ Apollonia Vergine e martire(Alessandria d’Egitto, † 249 ca.)

 

Visse nel III secolo, dedicandosi completamente all’apostolato. Durante una persecuzione ed un massacro a danno dei cristiani, fu catturata: per la sua determinazione e il coraggio dimostrato, la minacciarono di bruciarla viva.

San Dionigi narra che la vergine Apollonia, temendo di non avere le forze per sopportare una simile tortura, si gettò nel fuoco di sua spontanea volontà!

 

Patronato: Dentisti, Malattie dei denti

 

Etimologia: Apollonia = sacra ad Apollo, dal latino

 

Emblema: Giglio, Palma, Pinze

 

Pensate cosa doveva essere il mal di denti, nei secoli nei quali non c’erano anestetici, otturazioni o impianti!

È stata quindi tale, la devozione per la santa martire Apollonia, protettrice dei denti e delle relative malattie e dolori! che dal Medioevo in poi, si moltiplicano, un po’ dappertutto, la presenza dei suoi “denti-reliquie” miracolosi!

Venerati dai fedeli, custoditi nelle chiese e oratori sacri di tutto l’Occidente! Dove erano, è facile comprenderlo! punto di attrazione! al punto che papa Pio VI (1775-1799), che era molto rigido su queste forme di culto, fece raccogliere tutti quei denti che si veneravano in Italia, raccolti in un bauletto e pesanti circa tre kg. e li fece buttare nel Tevere!

Questo episodio ci aiuta a capire quanta impressione, meraviglia e ammirazione, suscitò il martirio della santa nel mondo cristiano, per i suoi aspetti singolari.

Il suo martirio è riportato dallo storico Eusebio di Cesarea (265-340), che nella sua “Historia Ecclesiastica” scritta nel terzo secolo, trascrive un brano della lettera del vescovo s. Dionigi di Alessandria († 264), indirizzata a Fabio di Antiochia, in cui si narrano alcuni episodi dei quali era stato testimone.

Nell’ultimo anno dell’impero di Filippo l’Arabo (243-249), nonostante che in quel periodo di sei anni, ci fosse praticamente una tregua nelle persecuzioni anticristiane, scoppiò, nel 248, ad Alessandria d’Egitto una sommossa popolare contro i cristiani, aizzata da un indovino alessandrino.

Molti seguaci di Cristo furono flagellati e lapidati, al massacro non sfuggirono nemmeno i più deboli; i pagani entrarono nelle loro case saccheggiando tutto il trasportabile e devastando le abitazioni.

Durante questo furore sanguinario dei pagani, fu presa anche la vergine anziana Apollonia, definita da Eusebio “parthenos presbytès”, che però nell’iconografia sacra, come tutte le sante vergini, è raffigurata in giovane età.

La colpirono così duramente alla bocca ed alle mascelle, che ne fecero uscire uscire i denti!

Un’altra tradizione riporta invece, che le furono strappati i denti con una tenaglia.

Poi acceso un rogo fuori la città, la minacciarono di gettarcela viva, se non avesse pronunziato insieme a loro parole di empietà contro Dio.

Apollonia chiese di essere lasciata libera un momento e una volta ottenuto ciò, si lanciò rapidamente nel fuoco, venendo incenerita!

 

L’episodio sarebbe avvenuto alla fine del 248 o inizio 249, quindi Apollonia che era in età avanzata, doveva essere nata negli ultimi anni del II secolo o al principio del III secolo.

Nella sua lettera, il vescovo s. Dionigi afferma, che la sua era stata una vita degna di ogni ammirazione e forse per questa condotta esemplare e per l’apostolato che doveva svolgere, si scatenò la furia dei pagani, che infierirono su di lei con particolare crudeltà.

Il gesto di Apollonia di gettarsi nel fuoco, pur di non commettere un peccato grave, suscitò fra i cristiani ed i pagani di allora, una grande ammirazione e nei secoli successivi fu oggetto di considerazione dottrinale.

Eusebio e Dionigi non accennano a nessun rimprovero per il suo gesto considerato un suicidio, peraltro spiegabile, in quanto la vergine sarebbe stata condannata comunque al rogo, se non avesse abiurato la fede.

Forse, dimostrando le sue debolezze di donna, ma la sua fortissima fede! volle sottrarsi ad ulteriori dolorosissime torture, che avrebbero potuto indebolire la sua volontà, preferendo gettarsi fra le fiamme.

Anche s. Agostino nella sua “De civitate Dei”, si pone delle domande sul problema, se è lecito darsi volontariamente la morte, per non rinnegare la fede, e dice: “Non è meglio compiere un’azione vergognosa, da cui è possibile liberarci col pentimento, più che un misfatto che non lascia spazio ad un pentimento che salvi?”.

Ma il suicidio volontario di alcune sante donne, che in “tempo di persecuzione si gettarono in un fiume, per sfuggire chi insidiava la loro castità”, lo lasciava perplesso e se non fosse stato Dio stesso ad ispirare il gesto? Quindi, non sarebbe stato un errore ma un’obbedienza. In definitiva s. Agostino non prende una decisa posizione sull’argomento.

Noi, più deboli e moderni, e quindi debolissimi! ammiriamo l’ardore di Apollonia come delle altre donne, che ci pare immenso!

Comunque, sin dal primo Medioevo il culto per la martire di Alessandria, si diffuse prima in Oriente e poi in Occidente.

In varie città europee, sorsero chiese a lei dedicate. A Roma ne fu edificata una, oggi scomparsa, presso S. Maria in Trastevere.

La diffusione del culto fu dovuta anche alla leggenda, simile ad altre sante giovani martiri, che Apollonia fosse stata figlia di un re che l’avrebbe fatta uccidere, perché non abiurava la fede cristiana.

La sua festa, sin dall’antichità, si celebra il 9 febbraio; santa Apollonia, vergine e martire di Alessandria d’Egitto è invocata in tutti i malanni e dolori dei denti; il suo attributo nell’iconografia è una tenaglia che tiene stretto un dente.

Il cenacolo di Sant’Apollonia a Firenze è solo una piccola parte di quello che un tempo era il grande convento di Sant’Apollonia, di regola benedettina, fra i più grandi conventi femminili della città, posto fra le odierne via San Gallo, via XXVII aprile e via Santa Reparata.

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