Il Santo del giorno, 7 Ottobre: Beata Vergine Maria del Rosario, Madonna del Rosario (già Madonna della Vittoria) – Beato Giuseppe Toniolo
La celebrazione di oggi e della B.V.Maria del Rosario risale alla Battaglia di Lepanto del 7 Ottobre 1571, quando il trionfo delle armi cristiane fu attribuito all’intercessione della Madonna, il cui vessillo sventolava sulle navi inviate dal Papa a fermare la flotta musulmana.
Il rosario(dal latino rosārium, “rosaio”; a partire dal XIII secolo acquisì il significato religioso indicante le preghiere che formano come una “corona”, nell’accezione latina di corōna ovvero ghirlanda, di rose alla Madonna) è una preghiera devozionale e contemplativa a carattere litanico tipica del rito latino della Chiesa cattolica.
Nel medioevo, i vassalli usavano offrire ai loro sovrani delle corone di fiori in segno di sudditanza. I cristiani adottarono questa usanza in onore di Maria, offrendole la triplice «corona di rose» che ricorda la sua gioia, i suoi dolori, la sua gloria nel partecipare ai misteri della vita di Gesù suo figlio.
Le sue origini sono tardomedievali: fu diffuso grazie alle Confraternite del Santo Rosario, fondate da Pietro da Verona, santo appartenuto all’Ordine dei frati predicatori, tanto che se ne attribuì la nascita a un’apparizione della Madonna, con la consegna del rosario al fondatore dell’Ordine San Domenico.
L’origine della Madonna del Rosario è stata attribuita all’apparizione di Maria a San Domenico nel 1208 a Prouille, nel primo convento da lui fondato.
La preghiera fu approvata, a nome del papa, dal cardinale Alessandro Nanni Malatesta, legato pontificio e vescovo di Forlì. Non essendo elemento della liturgia della Chiesa cattolica, questa pratica ha subìto notevoli varianti nel corso dei secoli.
Questo per quanto riguarda il rosario. Veniamo ora alla festa dedicata alla Madonna del Rosario.
La battaglia navale di Lepanto si svolse nel corso della guerra di Cipro. Era il 7 ottobre 1571 quando le flotte musulmane dell’Impero ottomano si scontrarono con quelle cristiane della Lega Santa, che riuniva le forze navali della Repubblica di Venezia, dell’Impero spagnolo (con il Regno di Napoli e di Sicilia), dello Stato Pontificio, della Repubblica di Genova, dei Cavalieri di Malta, del Ducato di Savoia, del Granducato di Toscana e del Ducato di Urbino, federate sotto le insegne pontificie. Dell’alleanza cristiana faceva parte anche la Repubblica di Lucca, che pur non avendo navi coinvolte nello scontro, concorse con denaro e materiali all’armamento della flotta genovese.
Prima della partenza della Lega Santa per gli scenari di guerra, san Pio V benedisse lo stendardo raffigurante, su fondo rosso, il Crocifisso posto fra gli apostoli Pietro e Paolo e sormontato dal motto costantiniano In hoc signo vinces. Tale simbolo, insieme con l’immagine della Madonna e la scritta S. Maria succurre miseris, issato sulla nave ammiraglia Real, sarà l’unico a sventolare in tutto lo schieramento cristiano quando, alle grida di guerra e ai primi attacchi turchi, i militi si uniranno in una preghiera accorata. Mentre si moriva per Cristo, per la Chiesa e per la Patria, si recitava il Santo Rosario: e i prigionieri remavano ritmando il tempo con le decine dei misteri. L’annuncio della vittoria giungerà a Roma 23 giorni dopo, portato da messaggeri del Principe Colonna. Il trionfo fu attribuito all’intercessione della Vergine Maria, tanto che san Pio V, nel 1572, istituì la festa di Santa Maria della Vittoria, trasformata da Gregorio XIII in «Madonna del Rosario».
Comandante generale della flotta cristiana era Don Giovanni d’Austria di 24 anni, figlio illegittimo del defunto Imperatore Carlo V e fratellastro del regnante Filippo II. Al fianco della sua nave Real erano schierate: la Capitana di Sebastiano Venier, capitano generale veneziano; la Capitana di Sua Santità di Marcantonio Colonna, ammiraglio pontificio; la Capitana di Ettore Spinola, capitano generale genovese; la Capitana di Andrea Provana di Leinì, capitano generale piemontese; l’ammiraglia Vittoria del priore Piero Giustiniani, capitano generale dei Cavalieri di Malta. In totale, la Lega schierò una flotta di 6 galeazze e circa 204 galere. A bordo erano imbarcati non meno di 36.000 combattenti, tra soldati, venturieri e marinai.
A questi si aggiungevano circa 30.000 galeotti rematori. Comandante supremo dello schieramento ottomano era Müezzinzade Alì Pascià. La flotta turca, munita di minore artiglieria rispetto a quella cristiana, possedeva 170-180 galere e 20 o 30 galeotte, cui si aggiungeva un imprecisato numero di fuste e brigantini corsari. La forza combattente, comprensiva di giannizzeri, ammontava a circa 20-25.000 uomini. L’ammiraglio, considerato il migliore comandante ottomano, Uluč Alì, era un apostata di origini calabresi, convertitosi all’Islam. Alì Pascià si trovava a bordo dell’ammiraglia Sultana, sulla quale sventolava un vessillo verde, dove era stato scritto, a caratteri d’oro, 28.900 volte il nome di Allah.
I musulmani di allora tagliavano le teste così come le tagliano oggi quelli dell’Isis: essi non hanno mutato i loro sistemi, mentre i cristiani, semplicemente, non sentono più non dico il dovere, ma neppure l’impulso a difendere la loro religione e i suoi valori, perché, sempre semplicemente, la religione cristiana si fa ogni giorno di più qualcosa di molto residuale nella loro esistenza, presa da computer, telefonini, Ipad, Facebook, palestra….
A quei tempi, era tutto profondamente così diverso, che per noi è anche difficile concepire l’esistenza di allora, quando tutti sapevano che tutte le grazie passano per Maria, come ci insegnano i grande teologi mariani ed ecco perché san Pio V, Papa mariano e domenicano, affidò a Maria Santissima le armate ed i destini dell’Occidente e della Cristianità, minacciati dai musulmani.
Da allora in poi si utilizzò ufficialmente il titolo di Auxilium Christianorum, titolo che non sembra doversi attribuire direttamente al Pontefice, ma ai reduci vittoriosi, che ritornando dalla guerra e sbarcati ad Ancona o in porti adriatici, passarono in voto processionale per Loreto, a ringraziare la Madonna, presso la sua casa.
I forzati che erano stati messi ai banchi dei remi furono liberati: sbarcarono a Porto Recanati e salirono in processione alla Santa Casa, dove offrirono le loro catene alla Madonna; con esse furono costruite le cancellate poi poste agli altari delle cappelle. Lo stendardo della flotta fu donato alla chiesa di Maria Vergine a Gaeta, dove è tuttora conservato e che attende di essere ancora issato, non su una nave da guerra, ma almeno nei cuori di coloro che discendono, geneticamente e per cultura, da coloro che si professarono cristiani e vollero difendere le proprie radici.
Beato Giuseppe Toniolo
Chissà quanti studenti lucchesi, che hanno frequentato l’università a Pisa, conoscono il nome di Giuseppe Toniolo, fosse solo per gli istituti ed i pensionati a lui intitolati nella città sull’Arno.
InfattiToniolo, economista e sociologo italiano, tra i principali protagonisti del movimento cattolico italiano che era nato a Treviso, il 7 marzo 1845, morì proprio a Pisa, il 7 ottobre 1918, giorno in cui lo ricordiamo.
È ricordato soprattutto come il fondatore della Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, il cui centenario si è svolto nel 2007.
È stato proclamato venerabile da Paolo VI il 7 gennaio 1971, beatificato il 29 aprile 2012 .
« Grande nella scienza, visse altamente di fede; indagando le giustizie sociali, fra le cifre delle statistiche, s’alzò potente alle più sublimi idealità, a tutti noi lasciando in eredità, esempio e richiamo, una vita di bontà, di pietà, di fatiche che sfiorando la terra, fu tutta di cielo, e un’aspirazione fervida e continua a Dio. »
(scrive Pietro Maffi, Cardinale che operò lungamente sulla costa tirrenica)
Nacque a Treviso, nella parrocchia di Sant’Andrea, nel 1845, in una famiglia della buona borghesia veneta. La famiglia si trasferì in varie città del Veneto, per seguire il padre, ingegnere.
Giuseppe frequentò le scuole medie nel Collegio di Santa Caterina – poi “Marco Foscarini” – a Venezia.
Proseguì gli studi alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova, dove si laureò il 21 giugno 1867. Già l’anno seguente, fu nominato assistente alla cattedra giuridico-politica dell’Università di Padova; nel 1873 conseguì la libera docenza in Economia politica.
Fu dapprima insegnante presso l’Istituto tecnico di Venezia (dal 1874); dopo una breve supplenza nell’Università di Padova, nel 1878 fu chiamato come professore straordinario di Economia politica nell’Università di Modena e Reggio Emilia. Rimase a Modena solo un anno: nel 1879 ottenne grazie a un concorso l’insegnamento della stessa disciplina nell’Università di Pisa.Nel 1882 fu nominato professore ordinario nell’ateneo toscano e qui tenne la cattedra di Economia politica fino alla morte (1918).
Fondò nel 1893 a Pisa la «Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie», rivista scientifica che viene pubblicata ancora oggi.
Il 4 settembre 1878 sposò Maria Schiratti di Pieve di Soligo, dalla quale ebbe sette figli.
Giuseppe Toniolo morì nel 1918. Le sue spoglie riposano presso il Duomo di Santa Maria Assunta a Pieve di Soligo, in provincia di Treviso.
Studioso dell’economia della Firenze medievale, Toniolo pensò di ritrovarvi un modello ancora valido ai suoi tempi: quello di una società in cui la cooperazione tra le varie corporazioni di arti e mestieri, avrebbe prodotto sia benessere per i lavoratori sia democrazia, in un’armonica civitas cristiana!
Assertore della libertà di commercio, Toniolo invece non era fautore della libera circolazione dei capitali, convinto com’era che la finanza fosse strumentale all’economia reale e non dovesse mai ridursi a mero mezzo di arricchimento, a tutto vantaggio dei pochi percettori di rendita. E questo lo rende, non moderno, ma al di là delle concezioni della nostra società attuale!!
La figura di Giuseppe Toniolo occupa un posto importante nella storia del pensiero e dell’organizzazione del laicato cattolico. La sua azione risulta particolarmente importante, perché fu svolta negli anni in cui – dopo la presa di Roma nel 1870 e prima del Concordato del 1929 – il Non expedit vietava ai cattolici la partecipazione diretta alla vita politica italiana, generando un vulnus democratico non indifferente. In questo senso, importante è stato anche il dialogo sempre cercato fra tutte le posizioni cattoliche, dalla meno transigente a quella più “pragmatica” di chi riteneva ormai possibile un’azione anche politica.
Nel dicembre 1889, Toniolo fondò a Padova l’«Unione cattolica di studi sociali», di cui fu il presidente; l’organismo tenne tre congressi: 1892 a Genova; 1894 a Milano e 1896 a Padova. In occasione del congresso di Milano, Toniolo formulò il primo programma sociale cristiano, chiamato Programma dei cattolici di fronte al socialismo (oggi noto come Programma di Milano, 3 gennaio 1894). Il “Programma di Milano” giunse a tre anni di distanza dall’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII. Toniolo intendeva rilanciare i principii contenuti nell’enciclica: essa aveva avuto una ricezione iniziale molto favorevole, ma nei tre anni successivi gli animi si erano assopiti. Toniolo affermava la necessità di occuparsi della classe operaia per farla uscire dalla condizione di subalternità che la opprimeva. Proponeva coraggiosamente la ricostituzione degli enti morali ecclesiastici, incamerati dallo Stato, che per secoli avevano svolto una funzione essenziale nell’alleviare la miseria delle persone svantaggiate. Inoltre Toniolo suggeriva la realizzazione di una riforma agraria e sosteneva la necessità della creazione di associazioni operaie cattoliche.
Per riassumere il suo programma in una frase coniò lo slogan: «Proletari di tutto il mondo unitevi in Cristo sotto il vessillo della Chiesa!».
Toniolo non fu mai propriamente impegnato nella sfera politica, ma fu tra i fondatori della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (1896).
La sua azione sociale fu contrassegnata da una profonda sintonia con il magistero ecclesiale. Inoltre, la sua formulazione del concetto cristiano di democrazia fu il punto di partenza di tutto il movimento della Democrazia Cristiana. Dopo lo scioglimento dell’Opera dei Congressi (1904), papa Pio X promosse la nascita di un nuovo organismo unitario e ne affidò la formazione al Toniolo. Egli riorganizzò l’azione dei laici cattolici nell’«Unione popolare».
Nel 1918, prima di morire, convinse padre Agostino Gemelli a fondare un istituto cattolico di studi superiori. Gemelli fondò l’istituto nel 1920. Da esso, appena un anno dopo, prese vita l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.