Il Santo del giorno, 4 Settembre: S. Rosalia, la Santa per antonomasia della Sicilia!
Il nome stesso, sta a significare Palermo e l’isola, dov’è diffusissimo.
Come Rosaria, Concetta, Gaetano, Salvatore ed i loro infiniti diminutivi o affini o ipocoristici (da Immacolata Cetti, Cettina, Tano, Totonno, Tore…) che danno il senso di tutta una tradizione, che si esprime in mille luoghi come la grotta del monte che sovrasta la sua città, il Monte Pellegrino, in mille santuari, in mille processioni e riti!
Nella grotta della Quisquina, adesso provincia di Agrigento, fu trovata questo incisione: «Io Rosalia di Sinibaldo, figlia del Signore della Quisquina e del Monte delle Rose, per amore del mio Signore Gesù Cristo, ho deciso di abitare in questa grotta»
Siamo nel 1128, Palermo sta per diventare capitale del Regno Normanno d’Italia meridionale, quando Rosalia (Palermo, 1128 – Palermo, 4 settembre 1165) nasce dal conte Sinibaldo, signore della Quisquina e del monte delle Rose, che faceva discendere la sua famiglia da Carlo Magno e dalla sua consorte Maria Guiscardi, imparentata con la corte normanna.
In fondo la Sicilia, come i suoi “pupi” trae davvero le sue origini dalle stirpi più antiche e disparate! A volte anche : strampalate!
La tradizione narra che mentre il re normanno di Sicilia Ruggero II d’Altavilla osservava il tramonto dal Palazzo Reale con sua moglie, la contessa Elvira, una figura gli apparve dicendogli: “Ruggero, io ti annuncio che, per volere di Dio, nascerà nella casa di Sinibaldo, tuo congiunto, una rosa senza spine”.
Per questo motivo pare che, poco tempo dopo, quando nacque la bambina venne chiamata Rosalia (dall’emitologia latina “Rosa e Lilia”, ovvero rosa e giglio). Come una rosa.
Adesso sono passati gli anni e il conte Baldovino ha salvato il re Ruggero, in una caccia, da un animale selvaggio che lo stava attaccando.
Il re volle ricambiarlo con un dono e Baldovino chiese in sposa Rosalia. La ragazza, all’indomani dell’offerta si presentò alla corte con le bionde trecce tagliate declinando l’offerta preferendo abbracciare la fede.
Tuti cercano di convincerla e lei si rifugia presso il monastero delle Basiliane a Palermo, ma ben presto anche quel luogo fu troppo stretto a causa delle continue visite dei genitori e del promesso sposo che cercavano di dissuaderla dal suo intento.
Decise quindi di trovare rifugio presso una grotta nei possedimenti del padre, che aveva visitato da fanciulla, presso Bivona: sul monte che ha il suo nome! La sua fama intanto si diffuse presto e la grotta divenne luogo di pellegrinaggio. Un giorno la grotta fu trovata vuota e successivamente si venne a sapere che aveva deciso di tornare a Palermo occupando una grotta sul Monte Pellegrino per sfuggire ai troppi visitatori e trovare un rifugio silenzioso. Ma anche lì ben presto la sua fama la rese celebre ed iniziarono continui pellegrinaggi. Ma un giorno, il 4 settembre del 1165, questi restarono enormemente delusi ed angosciati, perché Rosalia venne trovata morta.
Ma Rosalia, non scomparve dalla sua città che, secondo la tradizione cattolica, nel 1624 salvò dalla peste, diventandone patrona, esautorando, di fatti, gli altri patroni della città, tra cui santa Cristina, santa Oliva, santa Ninfa e sant’Agata. Mentre infuriava una terribile epidemia arrivata in città da alcune navi provenienti da Tunisi (antica “Barbaria”), la Santa apparve ad un povero ‘saponaro’, Vincenzo Bonelli (abitante dell’antico quartiere della “Panneria”) che viveva barattando mobili vecchi, il quale avendo perso la propria giovane consorte a causa della peste nera, era salito sul Monte Pellegrino sul far della sera con l’intento di gettarsi giù dal precipizio prospiciente il mare (zona Addaura) per farla finita.
Al momento di mettere in atto il suo triste intento, gli apparve innanzi una splendida figura di giovane donna pellegrina, bella e di grande splendore, che lo dissuase dal suo proposito, portandolo giù con sé al fine, disse, di mostrargli la sua grotta; infatti, lo condusse nei pressi della vecchia Chiesa di S. Rosolea, e dove la si venerava da antica data, nei pressi della famosa grotta che ella gli indica come la sua “cella pellegrina” e scendendo con lui dalla cosiddetta “valle del porco” verso la città, esortantandolo a pentirsi e convertirsi, lo invita più di venti volte a informare il cardinale Doria, Arcivescovo della città di Palermo, che le ossa già in precedenza rinvenute da un cacciatore in quella grotta incastonate nella roccia e che si presumeva potessero essere della Santa eremita – di cui si coltivava in quel luogo la memoria – e venivano custodite nella cappella personale del Cardinale, erano veramente sue; inoltre, che non si facessero più “dispute e dubii” e che, infine, venissero portate in processione per Palermo, poiché lei, Rosalia, aveva già ottenuto la certezza, dalla gloriosa Vergine Madre di Dio, che al passaggio delle sue ossa, al momento preciso del canto del Te Deum laudamus la peste si sarebbe fermata.
Rosalia gli disse inoltre: “E per segno della verità, tu in arrivare a Palermo, cascherai ammalato di questa infermità (la peste) e ne morrai, dopo aver riferito tutto ciò al Cardinale: da ciò egli trarrà fede a quanto gli riferirai”. Tutto questo il povero “saponaro” Bonelli lo raccontò al padre Don Petru Lo Monaco, che glielo fece riferire subito al Cardinale di Palermo, il quale -constatando che realmente il Bonelli si era improvvisamente ammalato di peste e ne stava di lì a breve morendo- gli diede credito ed eseguì ciò che dallo stesso gli era stato fatto sapere, liberando immediatamente durante la processione delle sante reliquie di Rosalia la città di Palermo dalla peste.
Il culto è particolarmente vivo a Palermo, dove ogni anno, il 14 e il 15 luglio, si ripete il tradizionale “Festino” della Santuzza, che culmina nello spettacolo pirotecnico del 14 notte e dalla processione in suo onore del 15.
Il 4 settembre invece la tradizionale acchianata (“salita” in lingua siciliana) a Monte Pellegrino conduce i devoti al Santuario in circa un’ora di scalata a piedi.
Il culto a Pegli
Santa Rosalia, venerata in cento posti in Sicilia, è anche patrona di Pegli (Genova), dove nel 1656 alcune reliquie della Santa furono portate direttamente da Palermo per contrastare l’epidemia di peste che stava sconvolgendo, come il resto del paese, anche quel borgo di pescatori (a Pegli si contarono 334 vittime). Il miracolo avvenne anche lì, e da allora la Santa è venerata come patrona della cittadina. Ad autorizzare il trasferimento delle reliquie, ancora oggi custodite nella chiesa Parrocchiale di S. Martino e Benedetto di Pegli, fu il Vescovo di Palermo cardinale Giannettino Doria (1573-1642), figlio di Gianandrea Doria, proprietario della Villa in Pegli ed erede del grande ammiraglio Andrea Doria.
Ancora oggi, il 4 settembre la Santa viene festeggiata a Pegli con solenne processione per le vie della cittadina.