il Santo del giorno, 4 agosto, il Curato d’Ars, che dormiva sul pavimento

 

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Il Santo del giorno, 4 agosto, il Curato d’Ars, che dormiva sul pavimento perché aveva regalato ai poveri il materasso! e lottava contro le osterie ed il ballo: origine di tutti i mali!

 

Un curato, il Curato per antonomasia! in lotta con la vita sanguigna del suo paese come un Don Camillo ante litteram ed ante comunismo!, che ci ricorda, ma solo nel nome e nella fede, l’anima, molto più calma, del “Curatino” di Viareggio che riposa santamente in S. Paolino, alla destra dell’altare, dove in tanti vanno ancora a pregare e a chiedere grazie.

 

 

 

Una vita, quella del santo di oggi, senza fatti eclatanti, ma come ne occorrerebbero a milioni oggi! Vite normali, ma assolutamente straordinarie nella loro umiltà e nell’adempimento del proprio dovere! Quello di cui oggi non siamo più capaci!

Questo fu il Curato d’Ars, al secolo Jean-Marie Baptiste Vianney (8 maggio 1786 – Ars-sur-Formans, 4 agosto 1859) un presbitero francese, divenuto famoso per la sua intensa attività di parroco in un piccolo villaggio dell’Ain.

Figlio di poveri contadini, raggiunse la meta del sacerdozio superando molte difficoltà. Additato come modello per i presbíteri da papa Giovanni XXIII è diventato patrono dei parroci. Cresciuto in una numerosa famiglia di contadini, trascorse l’infanzia nei campi, mentre il padre e la madre coltivavano la terra e i fratelli più grandi badavano al gregge o alle mucche. Di carattere impetuoso, nonché allegro e gioviale, mostrò sin dalla più tenera età una prematura devozione, impartitagli dalla madre, in particolare verso la Vergine Maria, della quale possedeva una rustica statuetta di legno presso la quale era solito ritirarsi in preghiera.

La condizione del clero della Francia post-rivoluzionaria era molto difficile, scissa tra clero refrattario, disposto a morire piuttosto che prestare giuramento allo stato e alla sua chiesa nazionale, e clero costituzionale, che invece giurava fedeltà a esso rifiutando in tal modo la supremazia papale. Ne seguì un periodo di profonda confusione per la popolazione. Lui aveva pochi dubbi: fin da quando aveva sette anni, e gli avevano affidato il gregge, nei pressi di un vecchio albero, il futuro curato intratteneva i suoi compagni con brevi prediche e con canti liturgici. Amava il gioco della piastrella, e, dopo aver vinto, restituiva ai suoi amici « tutta la vincita, aumentata d’un soldo », dispiaciuto di vederli tristi. Dopo tante peripezie per non fare il militare, finalmente, il giovane Vianney poté tornare ai suoi studi in seminario tra difficoltà di apprendere il latino e l’età che lo faceva più vecchio del professore! Infine a 29 anni, nel 1815 venne ordinato sacerdote. Gli veniva affidata la piccola cappellania di Ars, appena 230 abitanti, verso la quale si mise in cammino il 9 febbraio 1818, abbandonando così la parrocchia e la canonica nella quale era stato formato al sacerdozio.

Il paesino di Ars, 35 km a nord di Lione, viene ritenuto dagli studiosi una località piuttosto antica, come testimoniato da una pietra risalente all’epoca druidica, non molto distante dal villaggio, e una carta del 980 che attesta come allora vi fosse già presente una  parrocchia ben organizzata. Unico luogo degno di nota all’epoca del Vianney, fra la quarantina di basse casupole d’argilla, oltre alla vecchia parrocchia databile intorno al XII secolo (come le chiese sorelle della Dombes, molto simili per stile e proporzione), era il castello dei conti Garets di Ars, un maniero feudale dell’XI secolo divenuto con gli anni niente più che una vasta casa di campagna. Il nuovo parroco vi giunse a piedi – percorrendo i trenta chilometri che separavano Ars da Ecully con pochi bagagli e i libri ereditati da don Balley.

Giunto finalmente a destinazione s’inginocchiò a pregare e, come testimoniò successivamente il suo assistente Frère Athanase, aggiunse che un giorno quella parrocchia sarebbe stata troppo piccola per accogliere tutta la gente che sarebbe accorsa! Entrato in chiesa continuò la sua preghiera, invocando particolarmente l’angelo custode della sua nuova parrocchia, dopodiché cominciò a far conoscenza con i nuovi parrocchiani, non molti in verità, essendo passato quasi inosservato l’arrivo del nuovo curato.

Consapevole dell’inattività religiosa che per troppi anni aveva segnato la parrocchia di Ars, il nuovo curato decise di usare ogni mezzo per ricondurre alla chiesa i suoi nuovi parrocchiani, cominciando un lento lavorio prima di tutto su sé stesso, con continue preghiere (in parrocchia o per le campagne, come raccontarono testimoni presenti, già dalle prime ore del mattino) e frequenti, dolorose, penitenze che gli procurarono in seguito non pochi disturbi fisici, non ultima una nevralgia facciale che l’avrebbe fatto soffrire per almeno quindici anni, contratta a causa dell’umidità del pavimento sul quale dormiva (aveva infatti donato il materasso ad alcuni bisognosi di Ars) e dei muri, che lo costrinsero in seguito a riposare nel solaio. Egli stesso, ricordando ormai anziano le eccessive mortificazioni e i frequentissimi digiuni che lo portarono a non mangiare per più giorni, disse ad alcuni confidenti: “Quando si è giovani si commettono imprudenze”.

Sebbene restaurata la parrocchia e catechizzata la gente, il giovane curato dovette ben presto rendersi conto della presenza d’un nuovo impedimento alla sua opera d’apostolato: la domenica trovava ben pochi fedeli alla messa poiché la maggior parte di essi si trovava nei campi a lavorare. Terminati i lavori, gli uomini andavano ad ubriacarsi in osterie mentre le donne, i giovani e gli anziani si riunivano in piazza a far baldoria fino a tarda notte. Ciò accompagnato da frasi triviali e bestemmie, proprio vicino alla canonica del Vianney.

Le prime nemiche da abbattere furono appunto le osterie, “luogo in cui si vendono le anime, in cui si rovinano le famiglie, in cui si rovina la salute, dove sorgono liti e dove si commettono i delitti”, gli osti “che rubano il pane di una povera donna e dei suoi ragazzi dando da bere a quegli ubriachi che spendono la domenica tutto ciò che hanno guadagnato durante la settimana” e i loro assidui clienti “che scendono al disotto della bestia più bestia”. I risultati furono ben presto visibili: in bancarotta le dieci taverne vicino la parrocchia, i cui proprietari furono costretti a cambiare mestiere. Passò quindi con l’abbattimento degli altri due mali da esso derivanti, primo fra tutti la bestemmia. Otto anni durò invece la sua lotta contro il lavoro domenicale, che non riuscì mai pienamente ad abolire.

La più celebre e tenace lotta del parroco di Ars fu però quella contro il ballo, dalla quale uscì vincitore ma dopo ben venticinque anni di duro lavoro. Il fatto era che, all’epoca, il ballo non era certo un divertimento innocuo e innocente ma una vera e propria piaga, “una specie di ebbrezza e furore” la definirono alcuni, che spesso conduceva a disordini descritti come “vergognosi” dai contemporanei. Si narra che una domenica i paesani erano intenti a preparare la cosiddetta “processione dell’asino”: quando un marito veniva pubblicamente umiliato dalla moglie, i vicini divertiti montavano un fantoccio con le sue sembianze sulla groppa d’un somaro mentre una donna lo colpiva, burlandosi così di quella lite familiare. Non ebbero neppure il tempo di cominciare che il curato era già pronto a raggiungerli; alla sua vista se la diedero tutti a gambe, come raccontò lui stesso divertito. Si giunse perfino a una lotta giudiziaria: nel 1830 un decreto del sindaco, Antonio Mandy, aboliva i balli pubblici scatenando così la riprovazioni degli organizzatori delle feste locali e di alcuni ragazzi che chiesero al sottoprefetto di Trevoux di abrogare la decisione del sindaco.

I metodi forti, e alle volte anche severi, del curato, lo portarono ben presto a subire ripercussioni, anche piuttosto violente, da parte di alcuni parrocchiani.

Rimase ad Ars per quarant’anni, svolgendo il suo incarico parrocchiale: fu particolarmente attivo nell’insegnamento del catechismo e divenne uno stimato confessore; diffuse la devozione a Santa Filomena di Roma.

Morì in fama di santità (Ars era già diventata meta di pellegrinaggi quando era ancora in vita) nel 1859.

 

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