Il Santo del giorno, 29 Novembre: S. Illuminata – S. Saturnino
Un’altra santa che ci parla della luce, nel periodo più buio dell’anno e nel quale la luce solare cala progressivamente, fino alla nascita del Signore, il 25 Dicembre!
E due santi con il nome di Saturnino. Il martire a Roma ed il martirizzato da un toro impazzito e così patrono delle corride, nella sua Gallia meridionale e a Pamplona.
Illuminata(… – Martana, 29 novembre 303) fu una martire cristiana, vittima delle persecuzioni di Diocleziano, venerata come santa.
Chi mi segue, sa che ho già sottolineato come la Chiesa nell’opera continua di succedere, “mascherare e coprire, soppiantare credenze pregresse, ma non negandole semplicemente o perseguendole, allo sesso modo che aveva fatto la Roma tardo imperiale, molto diversa dalla Roma precedente, quando inglobava e faceva sue tutte le religioni che incontrava e che invariabilmente “conquistava”.
il Cristianesimo che non si basava, nei primi secoli, certo, sulla conquista militare, una volta divenuto maggioritario, prima ammesso e poi divenuto religione di stato, assumeva e cristianizzava, modificando, distorgendo, in una palingenesi e superfetazione, fisica con fonti sacre, templi, luoghi di culto, sopra i quali edificò invariabilmente le sue chiese, abbazie che inglobarono fisicamente, nella dottrina, nei riti, nella liturgia tutto quanto formava il credo popolare precedente. Tutto finalizzato, rivisto, corretto (dove si poteva: da lì in poi cominciò una vera opera di persecuzione, feroce come quella dei Romani, ma anche più “sottile”, con la distruzione di testi, statue…) alla nuova escatologia cattolica romana.
Così a tutte quelle feste pagane che celebravano il Sole che se stava andando o il solstizio d’inverno (il Sol Invictus, sul quale, per “coprire” il mitradismo che a Roma era così seguito, i Cristiani fissarono il loro Natale!) si sostituirono santi che avevano quelle prerogative che più si avvicinavano (o se ne creavano ad arte!) per avvicinarsi a quanto si celebrava e si credeva prima!
Così, per tutte le celebrazioni della luce che si affievolisce con l’approssimarsi dell’inverno, troviamo tutte sante che invece ci ricordano il bene della luce, del sole, della vista: S. Lucia, S. Cecilia, S. Illuminata…
Secondo una leggendaria biografia della santa, Illuminatasarebbe nata a Palazzolo, presso Ravenna, da genitori pagani o ariani e si chiamava Cesarea; si convertì al Cristianesimo e prese il nome di Illuminata. Il padre la denunciò al prefetto di Ravenna, Sebastiano, che voleva sposarla; fu messa in carcere, ma un angelo la liberò e la condusse sulla via Salaria; di là si diresse verso l’Umbria, dove operò molti miracoli e fu raggiunta dai genitori che nel frattempo si erano anch’essi convertiti.
In quei luoghi vicino Todi la giovane visse un’esperienza di eremitaggio. Il prefetto di Martana la fece arrestare ancora una volta e morì in carcere insieme con i genitori il 29 novembre 303.
I loro corpi furono sepolti in un luogo detto Papiniano o Bagno di Papinio, a due miglia dalla città, mentre la reliquia di un braccio di Illuminata giunse a Todi e conservato nel monastero delle Milizie.
Di questa biografia esistono diverse redazioni più o meno uguali e leggendarie che riguardano altre sante: la greca Fotina (in lat. illuminata), Firmina di Amelia e Felicissima venerata a Todi e a Perugia: si tratterebbe della stessa persona venerata con tre nomi diversi oppure di plagi occorsi tra gli agiografi: del resto la diversità del luogo e del dies natalis delle tre sante è un buon argomento per concludere per la diversità delle persone.
Illuminata figura nel Martirologio Romano il giorno 29 novembre.
Ad Illuminata sono state dedicate una chiesa a Todi, un monastero camaldolese presso Todi (dal 1037 dipendente da Sant’Apollinare in Classe) e poi a Montefalco, a Monteleto di Gubbio, ad Alviano e nell’Abruzzo, quest’ultima donata al monastero di Montecassino nel 1109.
Non sappiamo a quale santo si riferirono il padre, maresciallo, di Nino Manfredi, a Castro dei Voslci, nella profonda Ciociaria, che ha per patrona Santa Oliva di Anagni, ma da quel nome, nasce il diminutivo di questo attore che rappresenta una parte fondamentale di quella commedia italiana che spiega la storia dell’Italia del ‘900 molto meglio di tanti sociologi.
A Roma giunse Saturnino da Cartagine. Più famoso il vescovo delle Gallie, protettore (ma poi non tanto!!!) delle corride. Entrambe sono ricordati il 29 novembre.
Etimologia: Saturnino = di carattere malinconico, dal latino
San Saturnino di Cartagine Martire
m. 304, decapitato
A Roma, nel cimitero di Trasóne sulla via Salaria nuova, (oggi quartiere dei Parioli) san Saturnino di Cartagine, martire, che, come riferisce il papa san Damaso, sotto l’imperatore Decio fu torturato sul cavalletto, in patria, per la sua fede in Cristo e poi mandato esule a Roma, dove, superati altri atroci supplizi, convertì alla fede il tiranno Graziano e infine, decapitato, ottenne la corona del martirio.
Saturnino, martire di Roma, il 29 novembre del 304 venne decapitato con Sisinio sulla Via Nomentana a due miglia dall’Urbe.
Oggi non lontano da questo luogo sorge una chiesa parrocchiale a lui intitolata ed edificata nel pontificato di Pio XI (1929-1939). Le reliquie in epoca imprecisata furono portate, dalla basilica a lui dedicata “in Trasone” (Via Salaria con via Yser), ai SS. Giovanni e Paolo al Celio. Dopo vari trasferimenti nell’ambito della chiesa, il cardinale Filippo Paolucci sistemò le spoglie, dopo averne fatto la ricognizione il 22 aprile 1726, nel primo altare a destra. In tale occasione un frammento di reliquia fu donato a Benedetto XIII (1724-1730).
Una seconda ricognizione fu effettuata il 7 gennaio 1949 dal cardinale Marchetti Selvaggiani. A Roma sono ricordate alcune reliquie di S. Saturnino: ai SS. Silvestro e Martino ai Monti e a S. Maria in Via Lata parte di un braccio e parte della testa ai SS. Vincenzo e Anastasio alla Regola. Gregorio XIII il 20 giugno del 1581 concesse l’indulgenza plenaria in perpetuo ai visitatori della basilica del Celio nel giorno del suo dies natalis e Giovanni XXIII (1958-1963) ha autorizzato i Passionisti, che officiano la chiesa dal 1773, la celebrazione della Messa di III classe nello stesso giorno.
Il M.R. così ci parla di questi Santi: “A Roma, sulla via Salaria, il natale dei santi Martiri Saturnino il vecchio, e Sisinio Diacono, sotto il Principe Massimiano i quali, lungamente straziati in prigione, per ordine del Prefetto della città furono sospesi sull’eculeo e stirati con nervi, percossi con bastoni e scorpioni, quindi bruciati con fiamme, e finalmente, deposti dall’eculeo, furono decapitati. I corpi dei due martiri furono poi sepolti da Trasone nella sua proprietà sulla Salaria nova”.
Secondo una leggenda il corpo di San Saturnino è stato portato a Toffia (Rieti) insieme a quello di San Sisinio nel 558: entrambi i corpi furono trasportati dalla vicina Cures, dalla chiesa di Sant’Antimo distrutta dai saraceni. Si racconta che quando il carro che portava le due bare arrivò a Toffia, all’altezza delle Ripe di San’Antonio sulla strada originale di Toffia (vicino al lavatoio comunale), i cavalli si inginocchiarono e non vollero più proseguire e le campane della chiesa di San Lorenzo si misero a suonare da sole, per cui i preziosi corpi furono tumulati in questa chiesa. La storia dei cavalli o buoi che trasportando statue o corpi di santi si inginocchiano in un paese e non vogliono più proseguire si trova anche in altri racconti di Santi della Sabina.
San Saturnino di Tolosa Vescovo e martire
Saturnino(Patrasso, III secolo – Tolosa, 257 circa) fu il primo vescovo di Tolosa ed è venerato come santo dalla Chiesa cattolica. Ebbe un vasto culto popolare in Francia e Spagna.
Egli fa parte dei grandi santi di Gallia, con san Dionigi, san Privato, san Marziale, san Martino di Tours, san Ferreolo di Vienne e san Giuliano.
Molto probabilmente non ebbe alcuna relazione con gli apostoli come viene sostenuto dalla leggenda. Egli, infatti, provenendo dall’Oriente avrebbe raggiunto Tolosa nel 250 quando erano consoli Decio e Grato.
Saturnino, vescovo di Tolosa, è uno dei santi più popolari in Francia e in Spagna, dov’è considerato protettore delle corride. La Passio Saturnini è oltretutto un documento molto importante per la conoscenza dell’antica Chiesa della Gallia. Secondo l’autore della Passio, che scrisse tra il 430 e il 450, Saturnino fissò la sua sede a Tolosa nel 250, sotto il consolato di Decio e Grato. In quell’epoca, riferisce l’autore, in Gallia esistevano poche comunità cristiane, composte di un esiguo numero di fedeli, mentre i templi pagani rigurgitavano di folle che sacrificavano agli dei. Saturnino, arrivato da poco a Tolosa, probabilmente dall’Africa (il nome è infatti africano) o dall’Oriente, come si legge sul Missale Gothicum, aveva già raccolto i primi frutti della sua predicazione, guadagnando alla fede in Cristo un buon numero di cittadini. Il santo vescovo, per raggiungere un piccolo oratorio di sua proprietà, passava tutte le mattine davanti al Campidoglio, cioè al principale tempio pagano, dedicato a Giove Capitolino, dove i sacerdoti pagani offrivano in sacrificio al dio pagano un toro per averne i responsi chiesti dai fedeli.
A quanto pare la presenza di Saturnino rendeva muti gli dei e di ciò i sacerdoti incolparono il vescovo cristiano, la cui irriverenza avrebbe urtato la suscettibilità delle divinità pagane. Un giorno la folla circondò minacciosamente Saturnino e gli impose di sacrificare un toro sull’altare di Giove. Al rifiuto del vescovo di immolare l’animale, che poco dopo sarebbe stato lo strumento inconscio del suo martirio, e più ancora di fronte a quello che i pagani ritenevano un provocatorio oltraggio alla divinità, avendo affermato Saturnino di non aver paura dei fulmini di Giove, impotente, perchè inesistente, gli inferociti astanti lo afferrarono e lo legarono al collo del toro, pungolando poi l’animale che fuggì infuriato giù per le scale del Campidoglio, trascinandosi dietro il vescovo. Saturnino, straziato nelle membra, morì poco dopo e il suo corpo venne abbandonato in mezzo alla strada, dove lo raccolsero due pietose donne, dandogli sepoltura “in una fossa molto profonda”. Su questa tomba un secolo dopo S. Ilario costruì una cappella in legno, che andò presto distrutta e si perdette per qualche tempo lo stesso ricordo, finchè nel secolo VI il duca Leunebaldo, rinvenute le reliquie del martire, vi fece edificare sul luogo la chiesa dedicata a S. Saturnino, in francese Saint Sernin-du-Taur, che nel Trecento assunse l’attuale nome di Notre-Dame du Taur.