Il Santo del giorno, 28 Gennaio: S. Tommaso d’Aquino
Anche se da noi distantissimo, il santo-filosofo di oggi, fu uno dei più grandi pensatori del Cristianesimo medioevale, cioè della sua filosofia, la Scolastica, che prende addirittura il nome di Tomismo proprio da Tommaso che insegnò a Parigi, Colonia, Roma, Napoli, quando l’Europa si era unificata, culturalmente, sotto il Cristianesimo
San Tommaso d’Aquino(Roccasecca, 1225 – Fossanova, 7 marzo 1274) Dottore della Chiesa
Attributi: abito domenicano, libro, modellino di chiesa, sole raggiato sul petto
Patrono di: Teologi, accademici, librai, scolari, studenti;
Fu un frate domenicano, esponente della Scolastica, definito Doctor Angelicus dai suoi contemporanei.
Tommaso rappresenta uno dei principali pilastri teologici e filosofici della Chiesa cattolica: egli è anche il punto di raccordo (con molte forzature) fra la cristianità e la filosofia classica, che ha i suoi fondamenti e maestri in Socrate, Platone e Aristotele, e poi passati attraverso il periodo ellenistico, specialmente in autori come Plotino.
Fu allievo di sant’Alberto Magno, che lo difese quando i compagni lo chiamavano “il bue muto” dicendo: «Ah! Voi lo chiamate il bue muto! Io vi dico, quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da un’estremità all’altra della terra!».
Tommaso dei Conti d’Aquino nacque nel 1225 nella contea di Aquino, territorio dell’odierna Roccasecca, nel castello paterno situato nel feudo dei conti d’Aquino, da Landolfo d’Aquino e da Donna Teodora, appartenente al ramo Rossi della famiglia napoletana dei Caracciolo.
Siamo nell’odierna provincia di Frosinone, 90 Km. a sud di Roma, altrettanti da Napoli. Poco distante da dove oggi passa l’autostrada, che non fa caso, a chi scende verso sud, sulla sua sinistra ad un maniero, costruito da un abate di Montecassino per difendersi dai Longobardi, sulla cima del monte Asprano, dove nacque, in anno imprecisato! Tommaso.
La sua data di nascita, infatti, non è certa, ma è calcolata in maniera approssimativa a partire da quella della sua morte.
Bernardo Gui, (famosissimo inquisitore francese, ripreso anche ne Il Nome della Rosa) ad esempio, afferma che Tommaso è morto quando aveva compiuto i suoi quarantanove anni e iniziato il suo cinquantesimo anno. Oppure, in un testo un po’ anteriore, Tolomeo da Luccafa eco ad un’incertezza: «Egli è morto all’età di 50 anni, ma alcuni dicono 48». Tuttavia, oggi, sembra che ci sia accordo nel fissare la sua data di nascita tra il 1224 e il 1226.
Interessante, sottolineare, per noi Lucchesi, la figura di Bartolomeo Fiadoni meglio noto come Tolomeo o Ptolomeo da Lucca (Lucca, 1236 – Torcello, 1327) teologo dell’ordine dei domenicani e vescovo, seguace di San Tommaso d’Aquino, e fu come lui, di cui redasse un catalogo delle opere.
Figlio di Rainone, proveniva da una famiglia di mercanti lucchesi di medio livello. Su di lui non si ha alcuna notizia sino all’entrata nel convento di San Romano, cenobio di frati domenicani.
Fu priore del convento di S. Maria Novella a Firenze negli anni tra il 1300 e il 1302, il periodo di più grave scontro tra guelfi bianchi e neri e che vide l’esilio di Dante. Di quel periodo Tolomeo da Lucca scrisse gli Annali. Fu più volte definitor dei capitoli generali dell’ordine (Marsiglia, Bologna). Dal 1309 al 1319 risiedette ad Avignone presso la curia papale e fu al servizio di importanti cardinali.
Nel 1318 fu nominato vescovo di Torcelloda papa Giovanni XXII, ma si recò presso la nuova sede solo l’anno successivo; facendo atto di obbedienza al patriarca di Grado il 17 novembre 1319.
Durante il suo episcopato entrò in gravi conflitto con il patriarca, che lo accusò di malversazioni; inoltre Tolomeo si oppose alla elezione della badessa del monastero benedettino di Sant’Antonio, appellandosi al papa contro il patriarca. Per questi fatti il patriarca lo scomunicò e lo fece segregare nel palazzo vescovile. La scomunica fu in seguito annullata dal papa.
Morì a Torcello nel 1327.
Da Montecassino a Napoli
Secondo le usanze del tempo, Tommaso, essendo il figlio più piccolo, era destinato alla vita ecclesiastica e proprio per questo, a soli cinque anni, fu inviato come oblato nella vicina Abbazia di Monte Cassino, di cui suo zio era abate,per ricevere l’educazione religiosa. In quegli anni l’abbazia si trovava in un periodo di decadenza e costituiva una preda contesa dal Papa e dall’imperatore. Ma il trattato di San Germano, concluso tra il Papa Gregorio IX e l’imperatore Federico II il 23 luglio 1230, inaugurava un periodo di relativa pace ed è proprio allora che si può collocare l’ingresso di Tommaso nel monastero. In quel luogo Tommaso ricevette i primi rudimenti delle lettere e fu iniziato alla vita religiosa benedettina.
Ma a partire dal 1236, la calma di cui godeva il monastero fu nuovamente turbata e Landolfo, consigliato dal nuovo abate, Stefano di Corbario, volle mettere al riparo il figlio dai disordini e inviò Tommaso, oramai adolescente, a Napoli, perché potesse seguire degli studi più approfonditi.
Così nell’autunno del 1239, a quattordici o quindici anni, Tommaso si iscrisse al nuovo Studium generale, l’Università degli studi fondata nel 1224 da Federico II, per formare la classe dirigente del suo Impero.
Fu proprio a Napoli, dove nel 1231 era stato fondato un convento, che Tommaso conobbe i Domenicani, ordine in cui entrò a far parte e in cui fece la sua vestizione nell’aprile del 1244.
Ma l’ingresso di Tommaso presso i Frati predicatori, comprometteva definitivamente i piani dei suoi genitori riguardo al suo futuro incarico di abate di Montecassino.
Così la madre inviò un corriere ai suoi figli, che in quel periodo stavano guerreggiando nella regione di Acquapendente, perché intercettassero il loro fratello e glielo conducessero. Essi, accompagnati da un piccolo drappello, catturarono facilmente il giovane religioso, lo fecero salire su di un cavallo e lo condussero al Castello di Monte San Giovanni Campano, un castello di famiglia, per poi condurlo a Roccasecca.
Qui tutta la famiglia tentò di far cambiare idea a Tommaso, ma inutilmente.
Tuttavia, bisogna precisare che egli non fu né maltrattato, né rinchiuso in qualche prigione: si trattava piuttosto di un soggiorno obbligato, in cui Tommaso poteva entrare e uscire a piacimento e anche ricevere visite.
Ma prendendo atto che Tommaso era ben saldo nella sua risoluzione, la sua famiglia lo restituì al convento di Napoli nell’estate del 1245.
Gli studi a Parigi e a Colonia (1245-1252)
I Domenicani di Napoliritennero che non fosse sicuro trattenere presso di loro il novizio e lo inviarono a Romadove si trovava il maestro dell’Ordine, Giovanni Teutonico, il quale stava per partire alla volta di Parigi, dove si sarebbe celebrato il Capitolo generale del 1246.
Egli accolse Tommaso inviandolo prima a Parigi e poi a Colonia, dove c’era un fiorente Studium generale, sotto la direzione di fra Alberto (il futuro sant’Alberto Magno), maestro in teologia, il quale era ritenuto sapiente in tutti i campi del sapere.
Nell’autunno del 1245, Tommaso, al seguito di Giovanni Teutonico, si sarebbe dunque messo in viaggio per Parigi e vi avrebbe trascorso gli anni 1246-1247 e la prima parte del 1248, cioè tre anni scolastici. Qui potrebbe aver studiato le arti, sia in facoltà, che in convento.
Nel 1248, partì per Colonia con fra’ Alberto, presso il quale continuò il suo studio della teologia e il suo lavoro di assistente.
Il soggiorno di Tommaso a Colonia, al contrario di quello a Parigi, non è mai stato messo in dubbio, poiché è ben testimoniato dalle fonti.
Il 7 giugno 1248 il capitolo generale dei Domenicani, riunito a Parigi, decise la creazione di uno studium generale a Colonia, città nella quale esisteva già un convento domenicano fondato nel 1221-1222 da fra’ Enrico, compagno di Giordano di Sassonia.
L’incarico di insegnare venne affidato a fra Alberto, la cui reputazione in quel periodo era già notevole.
Questo soggiorno a Colonia costituì una tappa decisiva nella vita di Tommaso.
Per quattro anni, dai 23 ai 27 anni, Tommaso poté assimilare profondamente il pensiero di Alberto. Un esempio di questa influenza lo troviamo nell’opera nota con il nome di Tabula libri Ethicorum, la quale si presenta come un lessico le cui definizioni sono molto spesso delle citazioni quasi letterali di Alberto.
Il primo periodo d’insegnamento a Parigi (1252-1259)
Quando il Maestro Generale dei Domenicani domandò ad Alberto di indicargli un giovane teologo, che potesse essere nominato baccelliere per insegnare a Parigi, Alberto gli propose Tommaso, che stimava sufficientemente preparato in scientia et vita.
Sembra che Giovanni Teutonico abbia esitato per via della giovane età del prescelto, 27 anni, perché secondo gli statuti dell’Università egli avrebbe dovuto averne 29, per poter assumere canonicamente quest’impegno.
Fu grazie alla mediazione del cardinale Ugo di Saint-Cher, che la richiesta di Alberto fu esaudita e Tommaso ricevette quindi l’ordine di recarsi subito a Parigi e di prepararsi a insegnare.
Egli iniziò il suo insegnamento come baccelliere, nel settembre di quello stesso anno, cioè del 1252, sotto la responsabilità del maestro Elia Brunet de Bergerac, che occupava il posto lasciato vacante a causa della partenza di Alberto.
A Parigi, Tommaso trovò un clima intellettuale meno tranquillo di quello di Colonia. Ancora nel 1250 era vietato commentare i libri di Aristotele, ma tra il 1252 e il 1255, durante la prima parte del soggiorno di Tommaso, la Facoltà delle Arti avrebbe finalmente ottenuto il permesso di insegnare pubblicamente tutti i libri del grande filosofo greco.
Le opere di Aristotele non erano pervenute in una copia originale in lingua greca: all’epoca, nel Medioevo erano note con la traduzione e interpretazione del filosofo arabo Averroè.
Tommaso studiò l’arabo e lesse le opere di Averroè in lingua originale, ritenendo che il commento di Averroè fosse oggettivamente lontano dalla lettera e dallo spirito delle opere di Aristotele.
Non conoscendo il greco, chiese al confratello domenicano Guglielmo di Moerbeke, eccellente grecista, di fare una nuova traduzione di Aristotele in latino.
Lavorando intensamente con un gruppo di assistenti e segretari, nel corso di soli quattro anni, Tommaso commentò l’intero Corpus Aristotelicum, parola per parola, con note a margine, e mettendo a confronto i testi paralleli, la traduzione di Guglielmo e il commento di Averroè, per evidenziare dove la tradizione averroista si distanziava dall’originale greco.
Con una sensibilità filologica non comune al suo tempo, Tommaso dichiara fin dall’inizio che il suo intento non è quello di far dire ad Aristotele cose che non ha mai detto, farne un cristiano fuori dal suo tempo o un precursore illuminato da Dio, ma di capire la lettera dei testi e l’intenzione dell’autore per esporre fedelmente il suo pensiero.
Lo studio dei testi antichi, così come di ogni forma del sapere, a sua volta non può essere fine a se stesso, ma deve essere finalizzato, al servizio della verità. Aristotele non veniva considerato come un’autorità indiscutibile, da prendere interamente a priori per vero (Ipse dixit). Secondo Tommaso, occorre scegliere criticamente, secondo coscienza, quanto di vero c’è nella metafisica di Aristotele, e partire da lì per avvicinare il più possibile la ragione alla verità di Dio.
Infine però, con la lenta dissoluzione della Scolastica, si ebbe parallelamente anche la dissoluzione del Tomismo, col conseguente prevalere di un indirizzo di pensiero nominalista nel successo