Il Santo del giorno, 27 Dicembre: S. Giovanni Apostolo ed Evangelista – S. Fabiola, della Gens Fabia

 

Dopo la Natività del Messia, S. Stefano primo martire, ecco Giovanni, il grande e più complesso degli evangelisti, già discepolo del Battista e quindi in collegamento con il preesistente alla nascita divina del 25 Dicembre: “il discepolo che Gesù amava”, unico presente alla morte in croce del Maestro.

 

 

 S. Giovanni, Apostolo ed Evangelista

Patrono di: Scrittori, Editori, Teologi

(Betsaida, 10 – Efeso, 98-99)

La tradizione cristiana lo identifica con l’autore del quarto vangelo.

Dopo la Natività del Messia, S.Stefano primo martire, ecco Giovanni, il grande e più complesso degli evangelisti, già discepolo del Battista e quindi in collegamento con il preesistente alla nascita divina del 25 Dicembre: “il discepolo che Gesù amava”.

Secondo le narrazioni dei vangeli canonici era il figlio di Zebedeo e Salomè e fratello dell’apostolo Giacomo il Maggiore.

Prima di seguire Gesù era discepolo di Giovanni Battista.

La tradizione gli attribuisce un ruolo speciale all’interno della cerchia dei dodici apostoli: compreso nel ristretto gruppo includente anche Pietro e Giacomo il Maggiore, lo identifica con «il discepolo che Gesù amava», partecipe dei principali eventi della vita e del ministero del maestro e unico degli apostoli presenti alla sua morte in croce.

Secondo antiche tradizioni cristiane Giovanni sarebbe morto in tarda età ad Efeso, ultimo sopravvissuto dei dodici apostoli.

A lui, la tradizione cristiana ha attribuito cinque testi neotestamentari: il Vangelo secondo Giovanni, le tre Lettere di Giovanni e l’Apocalisse di Giovanni.

Altra opera a lui attribuita è l’Apocrifo di Giovanni.

Per la profondità speculativa dei suoi scritti è stato tradizionalmente indicato come “il teologo” per antonomasia, raffigurato artisticamente col simbolo dell’aquila, attribuitogli in quanto, con la sua visione descritta nell’Apocalisse, avrebbe contemplato la Vera Luce del Verbo, come descritto nel Prologo del quarto vangelo, così come l’aquila, si riteneva, può fissare direttamente la luce solare.

Giovanni. È il nome proprio usato nei testi neotestamentari (ad esclusione del quarto vangelo) e nella tradizione cristiana.

Il termine corrisponde all’ebraico (Yehohanàn), letteralmente “YH fece grazia“, traslitterato in greco Ιωάννης (Ioànnes) e in latino Ioànnes.

Boanèrghes (Βοανηργες):è il soprannome aramaico che Gesù stesso avrebbe dato a Giovanni e suo fratello Giacomo. Secondo lo stesso passo evangelico significa «figli del tuono»forse inteso come voce di Dio. Oppure per il loro carattere irruento, per una non tanto ipotetica loro appartenenza al movimento nazionalista zelota.

Come detto, il quarto vangelo non nomina mai l’apostolo Giovanni. Di contro è presente in esso un personaggio assente negli altri testi neotestamentari, il «discepolo che Gesù amava».

Le più antiche indicazioni a proposito risalgono alla prima metà del II secolo.

In un solo passo del Nuovo Testamento (Gal2,9), Paolo di Tarso chiama Giovanni, assieme a Pietro e Giacomo il Giusto, «colonna» della Chiesa, per sottolinearne l’importante ruolo rivestito nella Chiesa di Gerusalemme dopo la morte di Gesù.

 

Evangelista

L’apostolo Giovanni viene dalla tradizione anche detto evangelista, in quanto ritenuto autore del quarto vangelo.

Epistèthios, aggettivo neologistico plasmato dall’espressione ἐπὶ τὸ στῆθος (epì to stèthos, «sopra il petto») di Gv13,25;21,20: durante l’ultima cena Giovanni appoggiò il capo sul petto di Gesù, per chiedergli chi l’avrebbe tradito. L’epiteto è proprio della tradizione patristica greca.

Nella tradizione cristiana, il solo Eusebio di Cesarea riporta un’affermazione che attribuisce a Policrate di Efeso (fine II secolo), secondo la quale Giovanni che poggiò il capo sul petto del Signore (durante l’ultima cena), indossava la placca sacerdotale (petalon), cioè apparteneva a una delle classi sacerdotali, che gestivano il culto del tempio di Gerusalemme.

È l’unico dei dodici apostoli a non essere venerato con il titolo di martire, in quanto la tradizione lo dice morto per anzianità e non in modo violento.

I dettagli circa la vita di Giovanni prima dell’incontro con Gesù sono in gran parte ipotetici, desumibili da alcuni accenni sparsi nei vangeli.

Il luogo e la data di nascita non sono noti.

La tradizione successiva che lo indica come il più giovane degli apostoli, o meglio come l’unico di questi morto in tardissima età, può indicare una data di nascita alcuni anni successiva all’inizio dell’era cristiana (attorno al 10?). Ma poteva così giovane appartenere già ad una classe sacerdotale così alta? E poteva ricoprire tale carica, un presunto zelota e comunque un seguace del Battista decapitato??!

Il luogo di residenza, e probabilmente anche di nascita, era Betsaida, una località galilea sita sul Lago di Genesaret. Il padre era Zebedeo, la madre forse Salomè e aveva almeno un fratello, Giacomo detto «il maggiore».

La famiglia era dedita alla pesca. Il padre aveva dei garzoni e i suoi figli sono detti soci di Simon Pietro.

La vocazione di Giovanni da parte di Gesù è esplicitamente narrata dai tre vangeli sinottici. Matteo (4,21-22) e Marco (1,19-20) ne forniscono un sobrio resoconto: i due fratelli Giovanni e Giacomo vengono chiamati da Gesù “presso il Mare di Galilea” mentre sono sulla barca col padre Zebedeo, intenti a riparare le reti da pesca.

Questa chiamata viene narrata subito dopo quella di Andrea e Pietro, avvenuta in simile contesto lavorativo.

Luca invece inserisce la chiamata all’interno del miracolo della cosiddetta pesca miracolosa (taciuta da Mt e Mc, riportata da Gv21,1-13 dopo la risurrezione di Gesù), e tace la presenza di Andrea.

Il Vangelo di Giovanni invece, assumendo la tradizionale identificazione dell'”altro discepolo” con lo stesso evangelista, ambienta la chiamata (Gv1,35-40) a Betania, presso il fiume Giordano (Gv1,28). Qui Giovanni e Andrea, discepoli di Giovanni Battista, furono da lui invitati a seguire Gesù con la frase “Ecco l’Agnello di Dio”. Particolarmente vivo appare il dettaglio per cui l’apostolo, futuro evangelista narratore, ricorda con precisione il momento della sua vocazione: “l’ora decima”, cioè le quattro del pomeriggio.

Dopo la sua vocazione, durante gli anni del ministero itinerante di Gesù (probabilmente 28-30), Giovanni sembra rivestire un ruolo importante all’interno della cerchia dei dodici apostoli, secondo solo a Pietro e seguito da suo fratello Giacomo. I tre sono presenti durante alcuni dei principali eventi della vita del maestro, quando sono preferiti in maniera esclusiva agli altri apostoli.

Il solo Luca (9,51-56) riporta un episodio, che sottolinea il carattere focoso dei fratelli Giacomo e Giovanni. Un villaggio samaritano (ebrei considerati scismatici) aveva rifiutato ospitalità a Gesù e i figli di Zebedeo propongono la sua distruzione tramite un “fuoco discendente dal cielo” (vedi l’omologo episodio di Elia in 2Re1,2-15), attirandosi il rimprovero del maestro.

Sia Matteo (20,20-23, che introduce l’intermediazione della madre Salomè, una probabile finanziatrice del gruppo,) che Marco (10,35-40) riportano un episodio che indica il carattere ambizioso dei due fratelli. Questi avevano probabilmente una visione terrena del Regno (quella degli Zeloti che volevano liberarsi violentemente dai Romani!) predicato da Gesù e si aspettavano, in quanto particolarmente favoriti tra i suoi seguaci, un ruolo privilegiato in esso. Alla richiesta, Gesù risponde evasivamente con l’assicurazione che “berranno il suo calice”, cioè che gli saranno associati nella sofferenza e nel martirio. Giacomo verrà effettivamente martirizzato attorno al 44 (At12,1-2). Non così, Giovanni.

Nel quarto vangelo, come sopra indicato, Giovanni viene tradizionalmente identificato col “discepolo che Gesù amava”. Durante l’ultima cena riveste un ruolo particolare a fianco del maestro (Gv13,23-25), interrogandolo sull’identità del traditore. È testimone privilegiato del processo di Gesù (Gv18,15). Nonostante fosse scappato con gli altri apostoli durante l’arresto nel Getsemani, è l’unico dei discepoli presenti durante la crocifissione di Gesù, il quale gli affida sua madre Maria (Gv19,26-27).

Dopo la risurrezione di Gesù corre con Pietro al sepolcro (Gv20,3-8). Durante l’apparizione in Galilea è il primo a riconoscere il maestro risorto (Gv21,7).

Negli Atti degli apostoli, che descrivono le vicende della Chiesa apostolica in un periodo compreso all’incirca tra il 30 e il 60, Giovanni gioca ancora un ruolo di primo piano, prima con una guarigione miracolosa, poi con una altrettanto miracolosa liberazione, in una notte, dopo essere stato incarcerato.

L’ultimo accenno esplicito di Atti a Giovanni, è in At8,14-25, quando l’apostolo viene inviato assieme a Pietro in Samaria, dove avvenne l’incontro con Simon Mago. Questa missione evangelizzatrice non sembra comunque aver troncato i legami con la chiesa madre di Gerusalemme.

In occasione degli eventi del Concilio di Gerusalemme (circa 49-50, At15,1-35), che stabilì la non osservanza dei precetti della Torah per i pagani-cristiani, il ruolo svolto da Giovanni viene taciuto da Atti che mette in primo piano Pietro e Giacomo (non il “Maggiore” fratello di Giovanni, ucciso attorno al 44, ma il “fratello” di Gesù).

Circa gli anni successivi agli eventi narrati negli Atti, le antiche tradizioni cristiane concordano nel collocare l’operato di Giovanni in Asia (cioè l’attuale Turchia occidentale), in particolare a Efeso, con una breve parentesi di esilio nell’isola di Patmo.

Il contesto cronologico complessivo però è meno definito, e in particolare è ignota la data in cui Giovanni (e secondo la tradizione anche Maria, sulla base di Gv19,26-27) si è trasferito in questa città, all’epoca la quarta metropoli dell’impero romano (dopo Roma, Alessandria e Antiochia).

È possibile che l’apostolo si sia trasferito in Asia, prima del Concilio di Gerusalemme (circa 49-50) e soprattutto del prolungato soggiorno nella città di Paolo (almeno due anni, dalle varie ipotesi cronologiche collocati tra il 52-58): in tal caso Giovanni sarebbe il fondatore di questa chiesa. Ad ogni modo, indipendentemente dalla sequenza cronologica (Giovanni poi Paolo oppure Paolo, poi Giovanni), sarà la figura di Giovanni a lasciare una netta impronta alle chiese asiatiche.

L’apocrifo Atti di Giovanni (seconda metà II secolo) descrive dettagliatamente alcuni eventi della vita di Giovanni nel periodo del suo soggiorno a Efeso, con resurrezioni, guarigioni, miracoli mirabolanti e conversioni di massa.

Le varie versioni terminano col decesso dell’apostolo per cause naturali. In alcune versioni il corpo, dopo la sua sepoltura, non viene più ritrovato, lasciando ipotizzare un’assunzione al cielo.

Secondo la versione breve del testo, dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme (70), l’imperatore Domiziano (regno 81-95) sente parlare dell’apostolo e manda a chiamarlo da Efeso.

Giunto al suo cospetto a Roma gli parla della fede cristiana nel Regno futuro di Gesù, figlio di Dio. L’imperatore gli chiede una prova e Giovanni chiede una coppa di veleno che beve (vedi Mt20,20-23;Mc10,35-40) rimanendo miracolosamente illeso. Domiziano dubita dell’efficacia del veleno e lo fa bere a un condannato a morte che muore all’istante, ma Giovanni lo risuscita. Poco dopo risuscita anche un servo dell’imperatore da poco deceduto. Domiziano dunque, che aveva fatto votare dal senato un decreto contro i cristiani, ma non voleva applicarlo a Giovanni, ordina che sia esiliato nell’isola di Patmo.

Qui ha la rivelazione della fine (Apocalisse).

A Domiziano succede Nerva (96-98), che abolì gli esili forzati imposti dal predecessore, ma solo sotto Traiano (98-117) Giovanni ritorna ad Efeso. Data la tarda età, ordina come suo successore Policarpo.

L’apocrifo termina con una lunga serie di preghiere di Giovanni in punto di morte e col suo decesso per cause naturali.

 

Tertulliano accenna brevemente a un episodio, secondo il quale Giovanni a Roma, sede del martirio di Pietro e Paolo, fu immerso nell’olio bollente ma non ne patì e fu esiliato in un’isola (Patmo). Il miracolo, che non trova riscontro in nessun’altra fonte storica e va probabilmente inteso come una leggenda tardiva, non è contestualizzato, ma la tradizione cristiana (ripresa in particolare dalla Legenda Aurea c. 69) lo ha localizzato presso la Chiesa di San Giovanni in Oleo, nei dintorni della Porta Latina, sotto l’imperatore Domiziano. Un possibile accenno al supplizio inflitto a Giovanni, secondo una recente e suggestiva ipotesi, è presente nella IV satira di Giovenale: dopo la narrazione dell’uccisione, per ordine di Domiziano, del nobile Acilio Glabrione, probabilmente a causa della sua adesione al Cristianesimo, è raccontata la cattura di un enorme pesce peregrinus (straniero) che l’imperatore avrebbe cucinato in una capiente padella in veste di Pontefice Massimo. L’allusione a Giovanni potrebbe cogliersi dal significato cristologico dell’immagine del pesce, dal contesto dell’intera satira, e dal legame fra la persecuzione anticristiana di Domiziano e un’indagine concernente il fiscus iudaicus.

Sul sito a Efeso, considerato sede del sepolcro di Giovanni, fu costruita una basilica nel VI secolo, sotto l’imperatore Giustiniano, della quale oggi rimangono solo tracce.

A Patmo, una grotta detta “dell’Apocalisse” viene indicata come dimora dell’apostolo durante il suo momentaneo esilio. Dal 1999 è uno dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO, assieme al Monastero di San Giovanni.

Ricerche archeologiche condotte alla fine del secolo scorso, sulla base delle visioni della monaca agostiniana Anna Katharina Emmerick (1774 – 1824), hanno permesso il ritrovamento a circa 9 km a sud di Efeso della casa di Maria (da non confondere con la “Santa Casa” di Loreto), dove sarebbero vissuti la madre di Gesù e l’apostolo Giovanni.

Giovanni rappresenta un caso particolare tra i dodici apostoli, poiché la tradizione lo indica come l’unico morto per cause naturali e non per martirio, tanto che i paramenti liturgici per la sua festa sono bianchi e non rossi.

Oltre agli Atti di Giovanni, alcune indicazioni patristiche sono concordi nel datare la morte a Efeso, sotto l’impero di Traiano (98-117) e Girolamo specifica la data con precisione al 68º anno dopo la passione del Signore, cioè nel 98-99.

Esiste comunque una secolare tradizione, riportata anche nella Legenda Aurea, secondo cui Giovanni fu martirizzato a Roma, presso porta Latina, durante la persecuzione di Domiziano; constatato che l’olio bollente non riusciva a bruciare il corpo dell’apostolo, Domiziano lo accecò e lo rimandò ad Efeso, dove poi morì.

Secondo un racconto del quarto vangelo (Gv21,20-23), c’era tra le comunità cristiane la curiosa leggenda per cui Giovanni, l’apostolo prediletto, non sarebbe morto prima della parusia di Gesù.

Questa doveva essere nata per la notevole anzianità dell’apostolo: un’età di 90-100 anni rappresentava per l’epoca un elevato traguardo. Assumendo inoltre l’autenticità giovannea dell’Apocalisse, testo che rivela la fine del mondo e il ritorno del Signore, poteva essere logico ipotizzare che all’apostolo sarebbe stato concesso di vivere quello che aveva visto estaticamente.

Share