Il Santo del giorno, 26 Maggio: S. Filippo Neri ed il Giro delle Sette Chiese
Un santo Filippo Neri, gioioso quanto solidale con il prossimo. Di carattere ameno con la natura, gli animali, amante della musica e del canto: doti tutte assieme davvero rare che lo fecero divenire intimo di tanti altri santi! Essere scherzosi con le difficoltà della vita, dimostra aver raggiunto la serenità dei filosofi: per questo e per far pregare, Filippo Neri, che, si dice, morì, sorridendo! inventò tra l’altro, il Giro delle Sette Chiese!
Un santo Filippo Neri, gioioso quanto solidale con il prossimo. Di carattere ameno con la natura, gli animali, amante della musica e del canto: doti tutte assieme davvero rare che lo fecero divenire intimo di tanti altri santi: Francesco Saverio, il Cardinale Carlo Borromeo, Ignazio di Loyola, Camillo del Lellis, Felice da Cantalice!
Essere scherzosi con le difficoltà della vita, dimostra aver raggiunto la serenità dei filosofi: per questo e per far pregare, fu l’invento del Giro delle Sette Chiese. Un detto e una tradizione viva ancor oggi dopo cinque secoli.
E ancor oggi (tanto che se ne è tratti dei titoli di libri o celebri battute filmiche) si ricordano certe sue esortazione in romanesco: «State bboni…, se potete!». Un’altra sua celebre frase, un’imprecazione di impazienza poi attenuata dall’augurio della grazia del martirio: «Te possi morì ammazzato… ppe’ la fede!».
Al secolo Filippo Romolo Neri, nacque come secondogenito della nobile famiglia del notaio Francesco Neri in Firenze, che poi decise di intraprendere la strada dell’alchimia!
Lui invece cominciò con il frequentare il Convento dei domenicani di San Marco a Firenze, un tempo sotto la direzione di Girolamo Savonarola
Fino a 18 anni stette a Firenze, dilettandosi delle storie del Pievano Arlotto o di far musicare le Laudi di Jacopone da Todi, poi si spostò a Cassino, per fare il mercante, ma venuto a Roma come pellegrino, vi rimase, e vi rimarrà per sempre, da mistico e contemplativo , ma anche attivo negli ospedali dove conobbe e divenne amico di Camillo De Lellis, mentre entrava anche in contatto con i primissimi membri della Compagnia di Gesù ed il loro fondatore Ignazio di Loyola.
Secondo la tradizione, nel 1544, e precisamente nel giorno della Pentecoste, in preghiera presso le catacombe di San Sebastiano, Filippo Neri fu preda di uno straordinario avvenimento (secondo il santo un’effusione di Spirito Santo) che gli causò una dilatazione del cuore e delle costole, evento scientificamente attestato dai medici dopo la sua morte. Molti testimonieranno di aver visto spesso il cuore tremargli nel petto e che, a contatto con esso, si avvertiva uno strano calore!
Visse allora come un eremita, un antico clochard per le vie di Campo de’ Fiori e Trastevere e fuggendo (una volta nel vero senso della parola da una certa Cesaria!) dalle tentazioni delle tante donne di strada che c’erano per Roma e che spesso gli amici, visto il suo carattere scherzoso, gli mettevano a fianco!
Per occuparsi più concretamente degli infermi, dei pellegrini e dei tanti che aveva conosciuto sbandati per strada, decise di metter sù una confraternita. E poi, per darsi una regolata, di divenire sacerdote. Dove diventò famoso come celebre ed acuto confessore, che ascoltava i penitenti dall’alba al tramonto!
Per certi dissapori con cardinali e gelosi prelati, pensò persino di andare nelle Indie e ne parlò con Francesco Saverio, ma restò a Roma, anche quando Carlo Borromeo fece di tutto per portarlo a Milano. Questo anche per guidare la chiesa dei Fiorentini nella Capitale, con la sua Arciconfraternita, che un giorno aveva cacciato un certo fiorentino Leonardo da Vinci perché non in regola coni pagamenti!
Tra malattie, carestie ed epidemie che decimarono i suoi della Congregazione, rifiuto della nomina a cardinale che il Papa voleva conferirgli per i suoi consigli politici di riconciliazione con la Francia, Filippo si avviò alla morte, si dice, sorridendo!
Lo fece il 26 di maggio del 1595.
Amava infatti, un po’ come il Pievano Arlotto, sorridere delle cose della vita e spesso comminava pene curiose alle confessioni!
Per questo strinse amicizia con un frate gioioso e scherzoso come lui, Felice da Cantalice: i due santi insieme facevano, per Roma, scherzi e miracoli!
Il Giro delle Sette Chieseè un pellegrinaggio a piedi praticato già precedentemente ma formalizzato e rivitalizzato da san Filippo Neri.
Nella sua forma originaria esso consiste in un percorso ad anello di 20 km circa che tocca le principali chiese di Roma all’epoca in cui visse il santo, le prime quattro sono le Basiliche Papali Maggiori:
Basilica di San Giovanni in Laterano
Basilica di San Pietro in Vaticano
Basilica di San Paolo fuori le mura
Basilica di Santa Maria Maggiore
Basilica di San Lorenzo fuori le mura
Basilica di Santa Croce in Gerusalemme
Santuario della Madonna del Divino Amore (dal Giubileo del 2000, al posto della Basilica di San Sebastiano fuori le mura)
Data la lunghezza dell’itinerario esso viene spesso percorso dai pellegrini in due giornate. Originariamente si impiegava una giornata intera per completare il giro, dai primi Vespri, ai primi del giorno successivo.
In seguito la visita veniva svolta in due giornate dedicando la prima alla sola basilica di San Pietro e la seconda alle altre sei con partenza dalla basilica di San Paolo f.l.m. verso nord e in senso antiorario per terminare alla basilica di Santa Maria Maggiore.
La via delle Sette Chiese già nota come via Paradisicopre un percorso ricco di testimonianze storiche dei primi anni del Cristianesimo con le numerose catacombe, collegando le vie Ostiense e Appia tra la Rupe di San Paolo presso la Basilica Ostiense e San Sebastiano, come le catacombe di Commodilla, di Domitilla e di San Callisto.
Attualmente il Giro delle Sette Chiese si svolge in forma collettiva in notturna due volte l’anno, a settembre e a maggio, poco prima della festa di San Filippo Neri, guidato da un Padre della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri. È anche considerato un atto di devozione tipico del “tempo di Passione”. In particolare, durante il triduo pasquale, (dalla sera del Giovedì Santo, per tutto il Venerdì Santo, e buona parte del Sabato Santo), è in uso nella pietà popolare la tradizione di visitare sette chiese soffermandosi a pregare nei pressi del Santissimo Sacramento riposto nell’Altare della Reposizione e/o del Cristo morto.
L’espressione “fare il giro delle sette chiese” ha assunto nel linguaggio comune una valenza negativa: essa può significare – a seconda delle zone – perdere tempo girando senza scopo oppure cercare affannosamente qualcuno che dia ascolto.
Le prime notizie del culto delle Sette Chiese a Roma risalgono almeno al VII secolo quando santa Begga, tornando a vivere da eremita nel suo paese, di ritorno dal suo pellegrinaggio a Roma, volle erigere oltre al suo altri sei oratori che diedero il nome al monastero di “Sept-Eglises”.
È probabile che tale pratica religiosa risalga all’uso del Papa di celebrare i sacri uffici nelle chiese stazionali di Roma secondo il calendario liturgico dell’epoca, riducendosi poi queste in particolare alle sette ritenute principali citate da Onofrio Panvinio includendo alle 5 patriarcali anche le due di Santa Croce in Gerusalemme e San Sebastiano, così come non è da escludere che il culto si ricolleghi alle Sette Chiese dell’Asia minore citate nell’Apocalisse, secondo un numero che ricorre molto frequentemente nelle Sacre Scritture che indica perfezione e completezza.
È comunque con l’istituzione dei Giubilei a partire dal 1300 e in particolare dalla seconda metà del XIV secolo che gli elenchi delle indulgenze indicano le sette basiliche dove queste potevano essere lucrate, consolidando un uso che verrà ripreso da San Filippo Neri nel rinnovare tale culto e per conferirgli altri e nuovi significati religiosi in linea con le tendenze della Controriforma in atto, recitando durante il pellegrinaggio i sette salmi penitenziali (6, 31, 37, 50, 101, 129, 142), per invocare il perdono dei sette peccati capitali e chiedere le sette virtù ad essi contrarie e meditando le sette principali tappe di Gesù durante la Passione, le sette effusioni del sangue di Cristo, le sette parole di Cristo in croce, i sette doni dello Spirito Santo, i sette sacramenti, le sette opere di misericordia.
La pratica conseguì presto un ampio consenso e afflusso di pellegrini al punto che da Sisto V venne inserita nella bolla Egregia populi romani pietas, del 13 febbraio 1586, in un più ampio disegno di pratiche penitenziali, che tuttavia a causa della precoce morte del pontefice non vennero osservate dai suoi successori.
Ma la vera origine è pagana, come la quasi totalità dei riti cristiani!!!
Ed origina dalla funzione religiosa del Septimontium!
Septimontium
Oggetto della celebrazione Festività romana istituita dal re Numa Pompilio e che consistesse in una processione lungo tutti i “sette monti” (da cui il nome di Septimontium) con relativi sacrifici da celebrare presso i siti dei 27 sepolcri degli Argei.
Il termine latino Septimontium (ovvero sette monti) era utilizzato dagli antichi Romani per indicare una festività religiosa nell’area dei sette monti che, come ci ricorda Varrone, rappresentò anche un concetto territoriale collegato alla città di Roma. I “sette monti” non corrispondono ai tradizionali “sette colli” e si riferiscono ad una fase più antica dell’abitato.
« Dove adesso si trova Roma c’era un tempo il Septimontium così chiamato per il numero di montes che in seguito la città incluse all’interno delle sue mura. »
(Varrone, De lingua latina, V, 41.)
Lo scrittore latino Sesto Pompeo Festo, riporta una festa che si celebrava l’11 gennaio.
Sembra fosse stata istituita dal re Numa Pompilio e che consistesse in una processione lungo tutti i “sette monti” (da cui il nome di Septimontium) con relativi sacrifici da celebrare presso i siti dei 27 sepolcri degli Argei (che si trovavano appunto su quelle alture) che secondo la tradizione erano gli eroici principi greci che, giunti nel Lazio al seguito di Ercole, strapparono alle popolazioni sicule e Liguri ivi stanziate, i colli su cui sarebbe poi sorta Roma (con i loro fantocci di vimini che venivano appesi nei vari quartieri e poi gettati in sacrificio dal Pone Sublicio).
La circostanza che la festa fosse originariamente riservata alle sole genti di stirpe latina che abitavano quei luoghi, sembrerebbe una conferma del fatto che si tratti di una festività molto antica, forse anche precedente all’epoca di Numa Pompilio, corrispondente alla prima espansione del centro urbano dal Palatino ai colli circostanti. Solo con il re Servio Tullio sembra che la celebrazione sia stata estesa anche alle genti di origine sabina abitanti il Quirinale.
In epoca imperiale si perse il significato della festa, che divenne comune a tutta la città.
Il Septimontium propriamente detto, era formato dalle seguenti alture, dette (montes):
le due del Palatino, il Palatium ed il Cermalus;
la Velia, che collegava il Palatino con le pendici dell’Esquilino e che fu in parte spianata nel XX secolo per l’apertura di Via dei Fori Imperiali;
il Fagutal, l’Opius ed il Cispius (tutte alture facenti parte dell’attuale Esquilino)
il Caelius o Querquetual.
Rubens_Felice_da_Cantalice
San_Filippo_Neri
San_Filippo_Neri_ritratto_Conca
Gli altri santi di oggi:
Sant’Andrea Kaggwa, martire
San Berengario di Saint-Papoul, monaco
San Desiderio di Vienne, vescovo e martire
Sant’Edmondo, re degli Angli
Sant’Eleuterio, papa
Santa Felicissima, martire
Santi Felicissimo, Eraclio e Paolino, martiri a Todi
San Gennadio, monaco benedettino
Santi Giovanni Doan Trinh Hoan e Matteo Nguyen Van Phuong, martiri
San Giuseppe Chang Song-jib, martire
San Guinizzone, monaco benedettino
San Lamberto di Bauduen, vescovo
Santa Maria Anna di Gesù
Santa Maria del Fonte presso Caravaggio
San Pardo, vescovo di Larino o di Mira
San Pietro Sanz i Jordà, vescovo e martire
San Ponziano Ngondwe, martire
San Prisco di Auxerre, martire
San Quadrato, apologista cristiano
San Simitrio di Roma, martire
San Zaccaria di Vienne, vescovo e martire
Beato Andrea Franchi vescovo, domenicano
Beati Arnaldo Buysson e 11 compagni martiri mercedari
Beato Francesco Patrizi da Siena, sacerdote
Beata Maria Angelica Mastroti di Papasidero
Beata Regintrude di Nonnberg, badessa