Il Santo del giorno, 25 Ottobre: S. Miniato – S. Crispino e Crispiano, Patroni dei Calzolai

 

Dà nome a cose splendide, il santo di oggi!

Una delle chiese più belle al mondo, sul colle che vede Firenze, dove la leggenda (?) vuole sia avenuto il martirio.

E S. Miniato al Todesco, che porta il nome di Federico II Imperatore, ma che già era stata dominio dei germanici Longobardi, e che è uno dei borghi più belli della Toscana

 

San Miniato (… – Firenze, 250 circa) è considerato il primo martire (protomartire) della città di Firenze.

Secondo la tradizione, era un soldato romano oppure, secondo altre leggende, un re di origine armena, di passaggio a Firenze nel 250 circa, durante la persecuzione cristiana di Decio.

Rifiutatosi di venerare gli dei pagani, venne condannato alla tortura nell’anfiteatro della città.

Quello fiorentino, oggi, è quasi totalmente nascosto dagli edifici che gli si sono addossati sopra nel corso dei secoli. Si trovava molto ad est del quadrato della città romana, tra Piazza de’ Peruzzi e via Torta (non a a caso!) , attraversato da via dell’Anguillara, e Borgo dei Greci. L’anfiteatro presentava una forma ellittica, con un diametro massimo di 126 metri, con una platea interna larga 119×89 metri. Era di medie proporzioni (circa 20.000 posti contro gli 87.000 del Colosseo, ma superiore ad esempio di quello più celebre perché “più conservato” di Lucca, che era di 107 x 79 metri.

Gli agiografi medievali riportano tutta una serie di miracoli avvenuti durante il suo supplizio: l’invulnerabilità nonostante l’introduzione in un forno arroventato, la liberazione dai ceppi che lo stiravano sul cavalletto, l’ammansimento (o la morte) del leone che lo doveva sbranare, grazie al segno della croce.

Alla fine fu decapitato (presso porta alla Croce, che prende il nome proprio da un’antica croce posta sul luogo del martirio, oppure nel Foro, presso l’antica chiesa di San Miniato tra le torri) e la leggenda vuole che il santo dopo aver raccolto in mano la propria testa (uno dei pochi cefalofori, come san Dionigi) si fosse recato sul mons Florentinus, dove oggi sorge la basilica di San Miniato al Monte, edificata su di un precedente oratorio attorno all’anno Mille.Il fatto della scelta del luogo da parte del santo dove essere venerato fa parte di leggende comunque tutte posteriori alla costruzione della basilica.

Un’altra versione, meno sensazionale, ma con qualche riscontro storico, lo identifica invece come un fiorentino di umili origini, ucciso nei pressi di un’ansa dell’Arno chiamata il gorgo, dove esistette a lungo un piccolo luogo di venerazione chiamato la Croce al Gorgo.

Il nome di San Miniato sarebbe poi spuntato fuori quando ormai si era persa ogni nozione del Santo al quale appartenessero le reliquie conservate nell’oratorio collinare, forse un pellegrino di lontani paesi, probabilmente egiziano, un tempo sicuramente noto, ma ormai sconosciuto nell’anno Mille. La figura del santo quindi prese forma a poco a poco con dettagli sempre più precisi e curiosi nati dalla devozione popolare, in un certo senso in parallelo con l’arricchimento della basilica a lui dedicata sul monte di Firenze.

La chiesa di San Miniato tra le torri (già il nome ci restituisce la suggestiva collocazione tra le case-torri medioevali! )era un’antica chiesa di Firenze, distrutta a fine Ottocento durante il Risanamento (!!!) della zona del Mercato Vecchio. Sorgeva lungo l’antica via de’ Cavalieri (dove oggi si trova il palazzo delle Poste), con l’entrata su una strada piuttosto angusta, mentre il retro era affacciato sull’omonima piazza di San Miniato tra le Torri.

La chiesa era di antichissima origini e segnava il luogo in cui il martire fiorentino san Miniato era stato decapitato, nel foro romano. Da lì, secondo la leggenda, egli si sarebbe miracolosamente rialzato ed avrebbe raccolto la propria testa per dirigersi verso il monte sud della città dove venne poi costruita la chiesa di San Miniato al Monte.

Per distinguerla proprio dall’altra illustre basilica questa chiesa era denominata tra le torri, che prima delle demolizioni erano numerose in questa zona (la torre dei Caponsacchi, la torre degli Amieri, la superstite torre dei Foresi.).

Ricordata tra le trentasei parrocchie del cerchio di mura primitivo di Firenze, venne citata per la prima volta su un beneplacito del 1046, in cui si ricordava il possesso da parte dell’abbazia di Nonantola. Il Del Migliore citò un documento del 1106, in cui era chiamata “testimonii fidei”, cioè luogo di fede, legato quindi alla decapitazione di san Miniato.

Già nel XIV secolo comunque i diritti dell’abbazia emiliana dovevano essere cessati, poiché si registra il patronato dei Pilastri, dei Palermini e poi della Badia a Settimo. Nel Quattrocento ne erano patroni a metà gli Strozzi e gli Spinellini: si trattava di un’onorificenza piuttosto impegnativa, poiché il giorno della festa del santo essi erano tenuti a inviare catini di legno colmi di vivande, coperti da rami di alloro e accompagnati da squilli di trombe. Per questo in caso di mancanze da parte delle famiglie era previsto che se ne occupasse la Compagnia del Bigallo.

Nel XV secolo l’orientamento della chiesa venne capovolto, ma conservando gran parte dell’antica struttura.

La chiesa, come altre della zona, venne sconsacrata nel 1785, secondo una disposizione del granduca Pietro Leopoldo, che voleva ridurre le chiese dalla giurisdizione e dalla rendita limitata.

Da ricordare ancora (e sempre lungo il corso dell’Arno, sempre sulla sponda sinistra!) San Miniato al Tedesco (o meglio: al Todesco). Il nucleo originario della città risale all’VIII secolo: un gruppo di Longobardi, secondo un documento originale datato 713, e conservato nell’Archivio Arcivescovile a Lucca, si stabilì su questo colle ed edificò una chiesa dedicata al martire Miniato.

Federico II di Svevia eresse nella città la rocca e vi fece risiedere il suo vicario per la Toscana. Per questa origine germanica la città, di tradizione ghibellina, fu chiamata per tutto il medioevo come San Miniato al Tedesco, nome che è rimasto in uso anche nei secoli successivi.

San Miniato al Monte, facciata con mosaico

Torre di Federico II: da cui S.Miniato al Tedesco

San Miniato, una delle più belle chiese al mondo!

Santi Crispino e Crispiniano, Patroni dei CalzolaiI santi Crispino e Crispiniano nel dipinto d’altare del Maestro di Meßkirch (1520-1530)

Martiri

Nascita:  III secolo

Morte: 25 ottobre 286

Venerato da Chiesa cattolica

Ricorrenza: 25 ottobre

Patroni di Calzolai

Crispino e Crispiniano(m. Soissons, 25 ottobre 286) furono due giovani cristiani che subirono il martirio durante l’impero di Massimiano, augusto assieme a Diocleziano e poi costretto al suicidio da Costantino, essendo padre del rivale sconfitto Massenzio.

Secondo la tradizione agiografica, erano due giovani cristiani, inviati da Roma nella Gallia Belgica come missionari.

Qui diffondevano il Vangelo e si mantenevano esercitando il mestiere di calzolai.

Durante l’impero e le persecuzioni anticristiane ordinate da Massimiano furono arrestati dal prefetto Rizio Varo e, sotto lusinghe, minacce e torture, si provò a far loro rinnegare la fede in Gesù Cristo.

In un accesso d’ira per il fallimento, il prefetto Rizio Varo si sarebbe ucciso gettandosi nel fuoco.

L’imperatore Massimiano, per vendetta, condannò i due giovani cristiani a morte. I loro corpi furono poi nascosti e conservati da alcuni fedeli, che al termine delle persecuzioni, li deposero in due sepolcri vicini, dove poi sorse la basilica a loro dedicata a Soissons, di cui sono naturalmente titolari.

Pur essendo le vicende della loro vita ricavabili solo da testi agiografici arricchiti da numerosi elementi favolistici, l’antichità e la diffusione del culto dei due martiri sembrano provarne la storicità.

Memoria liturgica il 25 ottobre. Sono patroni dei calzolai, avendo essi stessi svolto questo mestiere, e dei conciatori di pelli.

La battaglia di Agincourt

I Santi Crispino e Crispiniano, Olio su tela, XVIII secolo. Nepi (VT) Chiesa di San Giovanni Decollato

Forse il giorno di San Crispino è meglio conosciuto per essere citato da Shakespeare nell’Enrico V(1599), nello specifico dallo stesso re Enrico V nel discorso ai suoi uomini prima della battaglia di Agincourt, avvenuta il 25 ottobre 1415.

« KING HENRY:

Praised be God, and not our strength, for it! What is this castle call’d that stands hard by?

MONTJOY:

They call it Agincourt.

KING HENRY:

Then call we this the field of Agincourt, Fought on the day of Crispin Crispianus. »

« ENRICO V:

Sia lodato Dio per questo e non la nostra forza! Che castello è questo che si erge qui vicino?

MONTJOY:

Lo chiamano Agincourt.

ENRICO V:

Chiamiamo dunque questa la battaglia di Agincourt, combattuta il giorno di Crispino Crispiano. »

(The Life of King Henry V, by William Shakespeare, atto IV, scena VII)

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