Il Santo del giorno, 25 Gennaio: Conversione di S. Paolo, sulla via di Damasco

 

“Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”

Da questa domanda, la costruzione e la diffusione nel mondo di gran parte della dottrina cristiana che comincia, proprio con Paolo, a distinguersi e a staccarsi dal credo ebraico

 

 

Conversione di San Paolo Apostolo(Paolo, Tarso, 5-10 – Roma, 64-67)

 

“Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”

 

Saulo di Tarso è naturalmente san Paolo, l’«apostolo dei Gentili», ovvero il principale (secondo gli Atti degli Apostoli non il primo) missionario del Vangelo di Gesù tra i pagani greci e romani.

 

Secondo i testi biblici, Paolo era un ebreo ellenizzato, che godeva della cittadinanza romana.

Non conobbe direttamente Gesù, sebbene a lui coevo, e, come tanti connazionali, avversava la neo-istituita Chiesa cristiana, arrivando a perseguitarla direttamente.

Sempre secondo la narrazione biblica, Paolo si convertì al cristianesimo mentre, recandosi da Gerusalemme a Damasco, per organizzare la repressione dei cristiani della città, fu improvvisamente avvolto da una luce fortissima e udì la voce del Signore, che gli diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”.

Reso cieco da quella luce divina, Paolo vagò per tre giorni a Damasco, dove fu poi guarito dal capo della piccola comunità cristiana di quella città, Anania. L’episodio, noto come “Conversione di Paolo”, diede l’inizio all’opera di evangelizzazione di Paolo.

 

Non c’è traccia della presunta caduta da cavallo, anche se si dice che era in viaggio, icona fatta propria, successivamente, da innumerevoli quadri e raffigurazioni!

 

Come gli altri primi missionari cristiani, rivolse inizialmente la sua predicazione agli Ebrei, ma in seguito si dedicò prevalentemente ai «Gentili».

I territori da lui toccati nella predicazione itinerante, furono in principio l’Arabia (attuale Giordania), poi soprattutto la Grecia e l’Asia minore (attuale Turchia).

Il successo di questa predicazione lo spinse a scontrarsi con alcuni cristiani di origine ebraica, che volevano imporre ai pagani convertiti l’osservanza dell’intera legge religiosa ebraica, in primis la circoncisione. Paolo si oppose fortemente a questa richiesta e, con il suo carattere energico e appassionato, ne uscì vittorioso.

 

Fu fatto imprigionare dagli Ebrei a Gerusalemme con l’accusa di turbare l’ordine pubblico. Appellatosi al giudizio dell’imperatore – come era suo diritto, in quanto cittadino romano – Paolo fu condotto a Roma, dove fu costretto per alcuni anni agli arresti domiciliari, riuscendo però a continuare la sua predicazione. Morì vittima della persecuzione di Nerone, decapitato probabilmente tra il 64 e il 67.

 

L’influenza storica di Paolo nell’elaborazione della teologia cristiana è stata enorme:mentre i Vangeli si occupano prevalentemente di narrare le parole e le opere di Gesù, le lettere paoline definiscono i fondamenti dottrinali del valore salvifico della sua incarnazione, passione, morte e risurrezione – ripresi dai più eminenti pensatori cristiani dei due millenni successivi. Per questo motivo alcuni studiosi contemporanei lo considerano come il vero fondatore del Cristianesimo.

 

 

Questa celebrazione, la sua Conversione, già presente in Italia nel sec. VIII, entrò nel calendario Romano sul finire del sec. X. Conclude in modo significativo la settimana dell’unità dei cristiani, ricordando che non c’è vero ecumenismo senza conversione (cfr Conc. Vat. II, Decreto sull’ecumenismo ‘Unitatis redintegratio’, 7). (Mess. Rom.)

 

Martirologio Romano: Festa della Conversione di san Paolo Apostolo, al quale, mentre percorreva la via di Damasco spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, Gesù in persona si manifestò glorioso lungo la strada affinché, colmo di Spirito Santo, annunciasse il Vangelo della salvezza alle genti, patendo molto per il nome di Cristo.

 

 

La festa liturgica della “conversiti sancti Pauli”, che appare già nel VI secolo, è propria della Chiesa latina.

Poiché il martirio dell’apostolo delle Genti viene commemorato a giugno, la celebrazione odierna offre l’opportunità di considerare da vicino la poliedrica figura dell’Apostolo per eccellenza, che scrisse di se stesso: “Io ho lavorato più di tutti gli altri apostoli“, ma anche: “io sono il minimo fra gli apostoli, un aborto, indegno anche d’essere chiamato apostolo”.

Adduce egli stesso le credenziali che gli garantiscono il buon diritto di essere considerato apostolo: egli ha visto il Signore, Cristo Risorto, ed è, perciò, testimone della risurrezione; egli pure è stato inviato direttamente da Cristo, come i Dodici: visione, vocazione, missione, tre requisiti che egli possiede, per i quali quel miracolo della grazia avvenuto sulla via di Damasco, dove Cristo lo costringe a una incondizionata capitolazione, sicché egli grida: “Signore, che vuoi che io faccia?”. Nelle parole di Cristo è rivelato il segreto della sua anima: “Ti è duro ricalcitrare contro il pungolo”. E’ vero che Saulo cercava “in tutte le sinagoghe di costringere i cristiani con minacce a bestemmiare”, ma egli lo faceva in buona fede e quando si agisce per amore di Dio, il malinteso non può durare a lungo. Affiora l’inquietudine, cioè “il pungolo” della grazia, il guizzo della luce di verità: “Chi sei tu, Signore?”; “Io sono Gesù che tu perseguiti”. Questa mistica irruzione di Cristo nella vita di Paolo è il crisma del suo apostolato e la scintilla che gli svelerà la mirabile verità della inscindibile unità di Cristo con i credenti.

Questa esperienza di Cristo, alle porte di Damasco, che egli paragona con l’esperienza pasquale dei Dodici e con il fulgore della prima luce della creazione, sarà il “leit motiv” della sua predicazione orale e scritta.

Le quattordici lettereche ci sono pervenute, ognuna delle quali mette a nudo la sua anima con rapide accensioni, ci fanno intravedere il miracolo della grazia operato sulla via di Damasco, incomprensibile per chi voglia cercarne una spiegazione puramente psicologica, ricorrendo magari all’estasi religiosa o, peggio, all’allucinazione.

  1. Paolo trarrà dalla sua esperienza, questa consolante conclusione: “Gesù è venuto nel mondo, per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. Appunto per questo ho trovato misericordia. In me specialmente ha voluto Gesù Cristo mostrare tutta la sua longanimità, affinché io sia di esempio per coloro che nella fede in Lui otterranno d’ora innanzi la vita eterna”.

 

Gli Ebioniti, (una setta detta dei “Poveri” forse per il loro atteggiamento, forse per la poca considerazione del messaggio cristologico) la cui visione del Cristianesimo teneva invece in grande considerazione la Legge ebraica, ritenevano Paolo originario di Tarso. ma di etnia e religione greca e non ebraica.Secondo quanto raccontato da Epifanio di Salamina, eresiologo del IV secolo, gli Ebioniti ritenevano che Paolo, giunto a Gerusalemme, si fosse innamorato della figlia del Sommo Sacerdote e si fosse convertito all’Ebraismo per poterla sposare. Rifiutato, si accostò al neonato movimento cristiano e iniziò a predicare e scrivere contro la circoncisione e la legge ebraica.Gli Ebioniti non ricevevano Paolo come apostolo, e dicevano che egli era un apostata della Legge.

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