Il Santo del giorno, 25 Febbraio: S. Avertano da Lucca – S. Costanza

Il 25 febbraio è il 56º giorno del Calendario Gregoriano, mancano 309 giorni alla fine dell’anno (310 negli anni bisestili).

 

Oggi si ricordano:

Sant’Adelelmo di Engelberg, abate

Santa Aldetrude, badessa di Maubeuge

San Callisto Caravario, sacerdote salesiano, martire

San Cesario di Nazianzo, confessore

Santa Costanza, martire

Sant’Eustasio di Aosta, vescovo

San Gerlando, vescovo di Agrigento

San Lorenzo Bai Xiaoman, martire

San Luigi Versiglia, vescovo e martire

San Nestore di Magydos, vescovo e martire

San Tarasio, patriarca (Chiesa ortodossa)

San Turibio Romo Gonzalez, sacerdote e martire

Beato Avertano di Lucca

Beata Cecilia Domenicana

Beato Didaco Yuki Ryosets, sacerdote gesuita, martire

Beato Domenico Lentini

Beata Maria Adeodata Pisani

Beata Maria Ludovica De Angelis, religiosa

Beato Roberto d’Arbrissel, sacerdote

Beato Sebastiano dell’Apparizione, francescano

Abbiamo scelto per Voi:

Santa Costantina o Costanza ed il Beato Avertano da Lucca.

Costantina o Costanza (latino: Constantina, anche nota come Constantia, Constantiana; 318 circa – Caeni Gallicani, 354) fu un membro della dinastia costantiniana, che governò sull’Impero romano nella prima metà del IV secolo. Costantina era la figlia dell’imperatore romano Costantino I e di Fausta, a sua volta figlia di Massimiano. Ebbe il titolo di augusta dal padre. Era sorella degli imperatori Costantino II, Costanzo II e Costante I, moglie del “re” Annibaliano e del cesare Costanzo Gallo.

È venerata come santa, con il nome di Costanza.

Nel 335 sposò il cugino Annibaliano, figlio di Flavio Dalmazio e “Re dei Re e delle Genti Pontiche” per volere di Costantino I; il titolo del marito faceva riferimento ad un regno, probabilmente da creare nella zona del Ponto o dell’Armenia a seguito di una campagna che però non si tenne; Costantina ricevette contemporaneamente il titolo di augusta dal padre. Rimase presto vedova, quando, nel 337, Annibaliano morì nelle purghe che seguirono la morte di Costantino I e volute, o quanto meno non ostacolate, dal fratello Costanzo II.

A seguito della spartizione del potere fra i tre fratelli, Costantina andò a vivere in occidente, alla corte di Costante I. Quando l’usurpatore Magnenzio si ribellò a Costante uccidendolo (350), Costantina convinse il magister militum Vetranione a nominarsi augusto e scrisse lei stessa al fratello (e ormai unico imperatore) Costanzo II per spiegargli le ragioni dell’atto di Vetranione, e anche in modo convincente, in quanto Costanzo riconobbe il nuovo augusto; è plausibile che fosse previsto un matrimonio tra Costantina e Vetranione. Quando poi Vetranione e Magnenzio si allearono, i loro ambasciatori offrirono a Costanzo una pace da suggellare con il matrimonio di Magnenzio e Costantina e quello di Costanzo con la figlia di Magnenzio, ma Costanzo rifiutò.

Costanzo depose Vetranione, ma doveva ancora affrontare la minaccia posta da Magnenzio. Per poter occuparsi dell’usurpatore in Occidente, decise di nominare il proprio cugino Costanzo Gallo, cesare d’Oriente e di affidargli la cura della frontiera orientale.

Per rinsaldare il legame tra augusto e cesare, Costantina,  sposò Gallo, di una quindicina d’anni più giovane.

Giunti in Oriente, Gallo e Costantina si alienarono il sostegno dei propri sudditi con un governo dissoluto e arbitrario. Ad esempio, Costantina convinse Gallo a condannare a morte un certo Clemazio di Alessandria d’Egitto dietro il pagamento della di lui suocera.[6] Quando Gallo entrò in contrasto con il prefetto del pretorio Domiziano e con Monzio Magno, fu Costantina, secondo una versione, ad afferrare Monzio e trascinarlo via dalla sua sedia, gettandolo ai soldati che l’uccisero.

Dopo la morte di due suoi funzionari, Costanzo fu costretto a richiamare Gallo a Milano: Costantina precedette il marito, partendo per la corte probabilmente per intercedere presso il fratello a favore di Gallo, ma non raggiunse mai Milano, in quanto morì a Caeni Gallicani, in Bitinia. Fu seppellita a Roma, lungo la via Nomentana, in un mausoleo che ne conteneva il sarcofago in porfido rosso (oggi conservato ai Musei Vaticani) e un mosaico raffigurante Costantina e Annibaliano. In seguito il mausoleo di Costantina divenne la basilica di Santa Costanza, quando Costantina fu venerata come santa.

Agiografia

« Constantina Deum venerans Christoque dicata,

Omnibus impensis devota mente paratis,

Numine divino multum Christoque iuvante,

Sacravi templum victricis virginis Agnes »

(Iscrizione attribuita a papa Damaso I – IV secolo)

La basilica di Santa Costanza a Roma era in origine il mausoleo di Costantina

Costantina, con il nome di Costanza, è venerata come santa dalla Chiesa cattolica. La leggenda vuole che, ammalata incurabile, Costanza si sarebbe recata sulla tomba di sant’Agnese a Roma, dove sarebbe miracolosamente guarita; a seguito di questo miracolo, Costanza si sarebbe convertita al cristianesimo.

 

Promessa sposa di un ufficiale romano di nome Gallicano, gli avrebbe dato i propri due migliori servi, i santi Paolo e Giovanni, quando Gallicano dovette partire per la guerra. Costanza avrebbe avuto due figlie dal primo matrimonio, Attica e Artemia, che avrebbe educato convertendole al cristianesimo; assieme a loro visse come delle vergini e costruì la prima basilica di Sant’Agnese fuori le mura, vivendo fino alla morte in una casa lì vicino.

 

Le reliquie di Costanza e delle due figlie sarebbero state poste da papa Alessandro IV sotto un nuovo altare a Santa Costanza; nel XVI secolo vennero incluse per la prima volta nel martiriologo, l’elenco dei martiri.

Devonshire, Wessex, Inghilterra, 710 c. – Heidenheim, Germania, 25 febbraio 779

Beato Avertano di Lucca

 

Martirologio Romano: A Lucca, beato Avertano, pellegrino e religioso dell’Ordine dei Carmelitani.

Secondo il Catalogus Sanctorum dei Carmelitani, la cui attuale redazione è databile tra la fine del XIV e l’inizio del XV sec., Avertano nacque nella diocesi di Limoges, in un luogo che non si è potuto identificare.

Entrato nell’Ordine dei Carmelitani come converso, si fece subito notare per le sue eccezionali virtù.

Venuto in Italia in pellegrinaggioai vari santuari della penisola, vi compì numerosi miracoli e, mentre tornava in patria, morì a Lucca e fu sepolto nella vecchia chiesa dell’ospizio di San Pietro fuori le mura. Sulla sua tomba avvennero miracoli, attestati da pitture esistenti nella chiesa di San Pietro e nella cattedrale di Lucca.

L’anno di morte di Avertano sembra da collocarsi nel sec. XIII, per l’antichità di queste pitture, asserita dal Grossi, per l’esistenza di un’iscrizione (s. V[e]rtanus) giudicata non anteriore al sec. XII e non posteriore al XIII, e infine perché nel 1325 esisteva un ospedale intitolato ad Avertano. Per di più, l’esser stato sepolto nell’ospizio di San Pietro, e non presso i carmelitani di Lucca, retrocederebbe la morte di Avertano a una data anteriore al 1284, anno in cui i religiosi ottennero la chiesa di Santa Maria del Corso, fuori porta San Donato, presso l’ospizio.

Altro problema è costituito dall’elevazione del corpo.

L’iscrizione che ne parla, di schietto sapore umanistico, fu incisa sul sepolcro marmoreo, attribuito a Matteo Civitali (1436-1501).

Vi si dice che la elevazione avvenne ad opera di «Graecus Joannes Lucensis origine», che fece anche porre nella stessa tomba di Avertano il corpo del beato Romeo.

Ora, l’unico vescovo di Lucca di nome Giovanni, nel periodo che va dal 1100 al 1646, fu il francescano, già vescovo di Betlem, Giovanni di Fucecchio, prima ausiliare e poi, dal 1383 al 1393, vescovo.

Il corpo di Avertano fu traslato in cattedrale nel 1513, poi nel 1646 restituito alla chiesa di San Pietro, ricostruita dentro le mura, e infine nel 1806 deposto nella chiesa dei SS. Paolino e Donato, dove ancor oggi è conservato.

Il suo nome fu introdotto nel calendario carmelitano nel 1514, al 25 febbraio; l’Ufficio ne fu reso obbligatorio dal capitolo generale dell’Ordine (1564), e sanzionato dalla Santa Sede (1609); le lezioni proprie furono approvate dalla Sacra Congregazione dei Riti il 12 maggio 1672; il 16 luglio 1828 l’Ufficio e la Messa furono estesi a tutta l’arcidiocesi di Lucca.

 

La Vita di Avertano scritta in epoca tarda dal carmelitano Segero Pauli e pubblicata anche dai Bollandisti, è una composizione di fantasia.

Circa il beato Romeo, sepolto assieme ad Avertano, manca ogni notizia attendibile. Ma è chiaro che il nome: Romeo, indica un pellegrino quale era Avertano. Forse un suo confratello o congiunto o amico o anche connazionale, vista la sepoltura comune. Romeo, sta per: romano,pellegrino. O anche Palmiro (chissà se Togliatti ne era a conoscenza!!?) cjoè portatore di palma, visto che i pellegrini che raggiungevano la Terra Santa portavano al ritorno un ramoscello di quella pianta.

per Romeo Montecchi, il nome non è appropriato, visto che trattasi di famiglia ghibellina, di Vicenza, grandi mercati, forse introdotti a Verona da Ezzelino per prendere la città.

Il “nostro” Romeo sarebbe morto pochi giorni dopo Avertano, un 4 marzo, e sepolto accanto al suo amico. E’ festeggiato con lui a Lucca il 25 febbraio, mentre presso i Carmelitani il 4 marzo.

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