Il Santo del giorno, 20 Novembre: Festività di Cristo Re – Beato Ambrogio Traversari

 

 

 

 

Per rispondere al dilagante laicismo degli Stati occidentali, iniziato con il pensiero illuminista e messo in pratica con la Rivoluzione francese, Pio XI istituì la festa di Cristo Re, con l’enciclica Quas Primas dell’11 dicembre 1925. Lo stesso Papa, appena eletto, aveva apertamente condannato il liberalismo cattolico.

E per dar maggiore forza alla festa, rese santi “I Martiri di Settembre”: oltre mille detenuti delle carceri parigine, tutti giustiziati dopo sommari processi al Convento delle Carmelitane Scalze (quello di Dumas e di D’Artagnan!) dal 2 al 5 settembre 1792: erano persone che, per la loro fede si erano rifiutati (come i primi martiri di fronte alle statue degli dei pagani) di prestar fede e giurare obbedienza ad uno stato ateo: alla fine dell’inchiesta voluta dal Papa, si beatificarono 191 persone, per lo più preti, religiosi, compresi tre vescovi.

Era comunque strano, ma nessuno colse questa contraddizione, che la Chiesa istituisse la celebrazione di Cristo Re, santificando i martire di una rivoluzione che aveva decapitato il re e, proprio adesso, quando una guerra mondiale aveva spazzato via gli imperatori d’Austria, quelli di Russia, di Germania, il sultano di Turchia…

Al termine dell’Anno liturgico (cioè non a caso a compimento di un intero ciclo che vede il 25 Dicembre la nascita del Salvatore, del Messia!) si celebra la 34a domenica del cosiddetto «Tempo ordinario». La solennità, che cade di norma negli ultimi dieci giorni di novembre, è dedicata a Gesù Cristo Re dell’Universo.

In tal modo si vuole sottolineare che Cristo Redentore è il Signore della storia, l’inizio e la fine del tempo.

L’istituzione della festa fu decisa da papa Pio XI, l’11 dicembre 1925, a conclusione del Giubileo che si celebrava in quell’anno e che riprese l’opera dottrinale e teologica di Papa Leone XIII, che l’11 giugno 1899, aveva consacrato la Chiesa, il mondo e tutto il genere umano a Cristo.

Tra l’altro, la formula dell’orazione, voluta dal Papa allo scadere di quel secolo e quasi all’inizio del successivo che doveva vedere ben due guerre mondiali con decine e decine di milioni di morti! se viene recitata pubblicamente nella solennità di Gesù Cristo Re dell’universo, fa acquisire l’indulgenza plenaria.

Tale festività coincide con l’ultima domenica dell’anno liturgico, con ciò indicandosi che Cristo Redentore è Signore della storia e del tempo, a cui tutti gli uomini e le altre creature sono soggetti. Egli è l’Alfa e l’Omega, come canta l’Apocalisse (Ap 21, 6).

Gesù stesso, dinanzi a Pilato, ha affermato categoricamente la sua regalità. Alla domanda di Pilato: “Allora tu sei re?”, il Divino Redentore rispose: “Tu lo dici, io sono re” (Gv 18, 37).

Il suo regno, spiegava ancora Pio XI, “principalmente spirituale e (che) attiene alle cose spirituali”, è contrapposto unicamente a quello di Satana e delle potenze delle tenebre. Il Regno di cui parla Gesù nel Vangelo non è, dunque, di questo mondo, cioè, non ha la sua provenienza nel mondo degli uomini, ma in Dio solo; Cristo ha in mente un regno imposto non con la forza delle armi (non a caso dice a Pilato che se il suo Regno fosse una realtà mondana la sua gente “avrebbe combattuto perché non fosse consegnato ai giudei”), ma tramite la forza della Verità e dell’Amore.

Tale Regno, peraltro, già mistericamente presente, troverà pieno compimento alla fine dei tempi, alla seconda venuta di Cristo, quando, quale Sommo Giudice e Re, verrà a giudicare i vivi ed i morti, separando, come il pastore, “le pecore dai capri” (Mt 25, 31 ss.). Si tratta di una realtà rivelata da Dio e da sempre professata dalla Chiesa e, da ultimo, dal Concilio Vaticano II, il quale insegnava a tal riguardo che “qui sulla terra il Regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione” (costituzione “Gaudium et spes”).

Con la sua seconda venuta, Cristo ricapitolerà tutte le cose, facendo “cieli nuovi e terra nuova” (Ap 21, 1), tergendo e consolando ogni lacrima di dolore e bandendo per sempre il peccato, la morte ed ogni ingiustizia dalla faccia della terra. Sempre il Concilio scriveva che “in questo regno anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio” (costituzione dogmatica “Lumen Gentium”).

Per questo i cristiani di ogni tempo invocano, già con la preghiera del Padre nostro, la venuta del Suo Regno (“Venga il tuo Regno”) ed, in modo particolare durante l’Avvento, cantano nella liturgia “Maranà tha”, cioè “Vieni Signore”, per esprimere così l’attesa impaziente della parusia (cfr. 1 Cor 16, 22). 

Beato Ambrogio Traversari Monaco Portico di Romagna, 1386 – Firenze, 1439

Nato in Romagna nel 1386, a 14 anni entrò tra i Camaldolesinel monastero di Santa Maria degli Angeli a Firenze.

La congregazione camaldolese dell’Ordine di San Benedetto è una congregazione monastica cattolica, fondata tra il 1024 e il 1025 da San Romualdo, monaco benedettino, a Camaldoli di Arezzo e fu sempre punto  di unione tra la tradizione monastica orientale e quella occidentale, soprattutto benedettina e, per questo, successivamente allo scisma, di ricucitura tra oriente ed occidente.

Beato Ambrogio ebbe come amico il Beato Angelicoe come confratello il pittore e miniatore Lorenzo Monaco.

Convinto sostenitore della vita monastica, (la congregazione camaldolese coniuga la dimensione comunitaria e quella solitaria, espressa, architettonicamente, dalla presenza sia dell’eremo che del monastero) rimase aperto ai fermenti della nuova cultura fiorentina. La sua cella divenne luogo di ritrovo di quanti credevano possibile un incontro tra la riscoperta dell’eredità antica e la fedeltà alla tradizione cristiana.

Ebbe una carriera brillante all’interno del suo ordine. fino a diventare Superiore Generale.

Della sua attività come riformatore monastico scrive nella sua opera ‘Hodoeporicon’ o ‘Itinerario’, una realistica descrizione della vita religiosa nei vari monasteri da lui visitati.

Per il suo equilibrio svolse delicate missioni al servizio della Santa Sede. Fu legato al concilio di Basilea ed ebbe un ruolo ancora più importante nel Concilio di Ferrara-Firenze.

Buon conoscitore della lingua greca e della teologia orientale, con il cardinale Bessarione scrisse il testo dell’effimera unione con la Chiesa d’Oriente.

Con le sue traduzioni fece conoscere all’Occidente le opere di Giovanni Crisostomo, Basilio Magno e Efrem Siro morì nel 1439.

Ambrogio Traversari è ricordato nella storia della Chiesa e in quella della letteratura.

Appartenne inoltre alla storia della diplomazia della Chiesa, in un’epoca delicata e difficile, e in questa si acquistò meriti altissimi, pari soltanto alla sua altissima umiltà.

Umanista e maestro di umanisti; legato pontificio e Padre conciliare; Abate camaldolese e riformatore del suo Ordine, amico e sostenitore di Cosimo de’ Medici, e Beato della Chiesa.

Era nato da nobile famiglia toscana, e si fece monaco camaldolese a 14 anni quando, al principio del ‘400, la prima generazione degli artisti dei Rinascimento cominciava a stampare la propria impronta sul volto della città.

Fu sensibile e aperto ai fermenti della nuova cultura fiorentina, studiando il greco, il latino, l’ebraico, la letteratura e la filosofia classica. Insegnava ai giovani, religiosi e laici, e formò studiosi e letterati come Giannozzo Manetti e Poggio Bracciolini. La sua cella, come quella dell’agostiniano Luigi Marsili, a Santo Spirito, fu punto d’incontro degli ingegni più vivi del suo tempo.

Religioso serio, di carattere dolce e benevolo, percorse rapidamente la carriera in seno al proprio Ordine, fino a diventare superiore generale. Per il suo distacco di sapiente e la sua serenità di uomo di studio, fu incaricato a più riprese di svolgere opera di mediatore e di pacificatore, in missioni diplomatiche spesso assai delicate, non soltanto di carattere religioso, ma anche civili e politiche.

Il Papa Eugenio IV lo incaricò della riforma del suo Ordine, e Ambrogio Traversari assolse il compito con somma prudenza e pazienza. Visitando i monasteri, poté raccogliere e studiare codici antichi e manoscritti preziosi. A Roma, fu bibliotecario del Papa e dei Cardinali.

A Firenze, si adoperò per il ritorno dell’esule Cosimo de’ Medici, futuro Signore della città.

Legato pontificio al Concilio di Basilea, sostenne le ragioni e il prestigio del Papato.

Più tardi ebbe grande parte nel Concilio, apertosi a Ferrara e proseguito a Firenze, per l’unione tra la Chiesa greca e la latina, facendovi intervenire il Patriarca di Costantinopoli e lo stesso Imperatore bizantino.

La felice conclusione di quel Concilio, nel 1439, fu anche il trionfo di Ambrogio Traversari, che aveva vergato con il suo stile di umanista il documento di unione tra le due Chiese sorelle.

Unione che però fu più che effimera.

Ma l’arrivo degli illustri personaggi, tra cui l’Imperatore di Bisanzio, Giovanni VIII Paleologo, consacrò l’importanza di Firenze a livello europeo e l’esotico corteo dei dignitari stranieri ebbe un notevole impatto sugli artisti della città, come raffigurato nella Cappella dei Magi di Benozzo Gozzoli,proprio discepolo del Beato Angelico amico del Traversari.

Ne vennero sicuramente influenzati anche Piero della Francesca, Filarete e (a Ferrara) Pisanello.

Alcuni storici dell’arte mettono in diretto rapporto il passaggio della cultura neoplatonica bizantina (ed il loro apporto in libri e traduzioni di testi greci antichi) in Occidente, tramite alcuni delegati bizantini del concilio (Giorgio Gemisto Pletone e Giovanni Bessarione), come uno dei motori del Rinascimento italiano, che da allora ebbe un “salto di qualità”!

Il monaco camaldolese non sopravvisse di molto a quel consolante avvenimento.

Morì nello stesso anno, non ancora vecchio. E mentre il suo nome restava alto nel firmamento della cultura italiana, attorno al suo ricordo si accendeva il culto riservato ai Beati.

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