Il Santo del giorno, 17 agosto S. Chiara da Montefalco o Chiara della Croce – S. Nicola Politi, eremita in Sicilia
Nell’imbalsamazione del suo corpo, si trovarono, nel cuore, un crocifisso ed un flagello, nella cistifellea tre globi di eguale grandezza, disposti a triangolo
Santa di spiritualità claustrale, medioevale ed umbra, quella terra che tanta santità e richiami all’umiltà, alla penitenza ed alla povertà ha emanato. Non si ricordano eventi miracolosi in vita, ma dopo la morte!
Nacque da Damiano e Iacopa in una zona vicina al “Castellare” in prossimità della chiesa di San Giovanni Battista, a Montefalco,una piccola cittadina umbra che domina la valle spoletana.
Chiaraaveva una sorella e un fratello maggiori, Giovanna e Francesco. Giovanna fondò, con l’aiuto economico del padre, il reclusorio di San Leonardo, di cui diventò la prima rettrice: le donne lì si ritiravano vivendo in reclusione e pregando, ispirandosi alla regola (ancora non pienamente riconosciuta al tempo) di Francesco d’Assisi.
La piccola Chiara restò segnata dall’esempio che la famiglia le propose e, all’età di sei anni, entrò nel “reclusorio”di Giovanna intitolato a San Leonardo, dove trascorse i successivi sette anni.
Cresciuta la comunità, Giovanna e le donne del reclusorio si trasferirono sul colle di Santa Caterina del Bottaccio, non lontano dal luogo più antico, in un edificio ancora incompleto. Ma il nuovo insediamento, che sottintendeva la costruzione di un vero e proprio monastero, non venne accolto pacificamente in città. Affiancandosi ad altri tre conventi più antichi, uno francescano, un secondo agostiniano e un altro benedettino, il reclusorio di Giovanna, venne ritenuto dannoso per Montefalco, perché andava ad aggiungersi alle altre comunità che già vivevano di elemosina, e quindi si tentò di convincere le donne a desistere dai loro progetti. Ma Giovanna andò avanti e diventò badessa del nuovo convento.
Chiara crebbe seguendo le sorti di questo luogo; soltanto in occasione della grande carestia del 1283, insieme a un’altra compagna, uscì dal reclusorio per la questua, ma, dopo otto volte, le venne impedito di continuare.
Da questo momento, fino alla morte, rimase isolata in clausura. Dopo la morte di Giovanna, la sorella, nonostante la giovane età (23 anni), ne prese il posto.
Chiara fu per le sue suore “madre, maestra e direttrice spirituale”.
Non lasciò scritti eppure, nonostante che la sua vita si dipani nella stretta osservanza della regola monastica, riuscì a mantenere un dialogo con il mondo fuori dal monastero.
Personaggi illustri si rivolsero a Chiara per consigli in materia spirituale. Le sue parole sono state descritte come “un fuoco, da cui venivano illuminate, consolate ed accese le menti di tutti coloro che l’ascoltavano”. Sapeva dunque parlare non solo alla gente comune, attirata dalla sua fama taumaturgica, ma anche a personaggi insigni, che ne ammiravano le virtù oratorie, considerate profetiche, e la sua intelligenza.
Nel 1307, Bentivenga da Gubbio, a capo del movimento dello “Spirito di Libertà”, separatosi dai Fratelli del Libero Spirito, tentò di convincere Chiara ad unirsi al suo movimento spirituale, ma dopo una serie di discussioni e confronti, Chiara lo rinnegò, denunciandolo e prodigandosi per farlo riconoscere colpevole come eretico, facendo condannare il frate e i suoi confratelli al carcere a vita!
Nel 1303 promosse l’ampliamento del monastero e la costruzione della chiesa di Santa Croce, con l’approvazione del vescovo di Spoleto che inviò la prima pietra benedetta. È qui che, dopo cinque anni, nel 1308, Chiara, ormai ammalata, volle essere trasportata per poi morirvi e trovarvi sepoltura.
Il suo corpo, allora, venne aperto alla ricerca di segni prodigiosi che potessero testimoniare quell’esemplarità che aveva espresso per tutta la vita. Si tramanda, tra i credenti, che nel suo cuore si trovavano un crocifisso e un flagello, e nella cistifellea tre globi, di eguale misura, peso e colore, disposti a forma di triangolo, interpretati come il simbolo della Trinità.
La chiesa attuale del monastero di santa Chiara da Montefalco custodisce il corpo incorrotto della Santa, dentro un’urna d’argento massiccio. Ai lati, entro due nicchie aperte nel 1718, si conservano, come reliquie di Chiara, i segni rinvenuti durante l’autopsia. L’oggetto più suggestivo è probabilmente il busto reliquiario d’argento che la raffigura e contiene i resti del suo cuore; nell’altra nicchia si trova la croce reliquiario, contenente i tre globi di uguale grandezza che i devoti credono provenienti dalla cistifellea, e il crocifisso e il flagello, che secondo i devoti conservava nel cuore!
Santa_Chiara_da_Montefalco,_Benozzo_Gozzoli
San Nicola (Nicolò) Politi Eremita in Sicilia
17 agosto 1117 – 1167
Nacque nella città d’Adernò (oggi Adrano – Catania) nel 1117 nel nobile casato dei Politi.
Venne presto considerato un santo: col segno della croce scacciava i lupi che assalivano gli ovili, sanava le pecore, intercedeva per la guarigione dei malati.
Nel giorno delle nozze, imposte dai genitori, fuggì, iniziando a solo 17 anni la vita eremitica. Fino a quando divenne monaco laico presso il Monastero basiliano del Rogato, dove visse per il resto della vita.
Ogni sabato, percorrendo un impervio sentiero, si recava dalla grotta dove dimorava, al monastero per confessarsi e ricevere l’Eucaristia.
Il 12 agosto del 1167, Nicolò rientrò alla grotta esausto.
Poco dopo un angelo gli rivelò che la sua anima sarebbe salita in Cielo due giorni dopo la festa dell’Assunta.
Martedì 15 Agost,o si recò al monastero per confessarsi e ricevere per l’ultima volta l’Eucaristia. Salutò tutti i monaci, affidandosi alle loro preghiere. All’alba del 17 Agosto 1167 Nicolò, dopo una notte in preghiera, con la croce fra le braccia, fu accolto dal Signore.