Il Santo del giorno, 12 Ottobre: Amelio e Amico – La Madonna del Pilar e la festa dell’Hispanidad
Un altro santo che scopriamo avere legami con Lucca! Anzi due: Amelio e Amico, che incontratisi a Lucca da bambini, rimasero uniti fino alla morte. Anzi: oltre!
Al tempo di Pipino, siamo quindi in ambiente carolingio, nacquero due bambini straordinariamente simili, uno da un conte, l’altro da un soldato. Mentre erano condotti a Roma per il battesimo, si incontrarono in Lucca, dove fecero amicizia e alleanza, e quindi andarono dal papa, che al figlio del conte impose il nome di Amelio, al figlio del soldato il nome di Amico.
Come ricordo del battesimo ricevuto nel Laterano, ciascuno dei due ebbe in dono dal Papa una coppa di legno, ornata d’oro e di pietre preziose; quindi ritornarono entrambi nella propria patria.
Dopo la morte del padre, Amico, a causa di insorte difficoltà ed inimicizie, fu costretto a lasciare la patria; partì allora con dieci servi, per recarsi presso Amelio, nella speranza di essere bene accolto, ma non lo trovò, perché anche questi si era messo in viaggio, proprio per visitare Amico. Dopo molte e varie avventure, Amico, afflitto per non essere riuscito nell’intento e colpito dalla lebbra, ritornò a Roma, dove fu accolto dal papa Costantino, ma dopo tre anni, essendo sopraggiunta una grande carestia, si fece riportare alla casa di Amelio, che, prima di vederlo, non sapendo che fosse l’antico compagno, gli fece apprestare il cibo nella coppa ricevuta dal papa: così si riconobbero.
Passarono intanto vari anni, finché i Longobardi, divenuti molto minacciosi, determinarono l’intervento di Carlo Magno contro Desiderio; riuscite vane le trattative, il re franco, superate le Chiuse di Susa, con il suo esercito nel quale militavano Amelio e Amico, vinse il re longobardo, e lo mise in fuga, fino al luogo, ora detto Mortarium per il gran numero dei morti in combattimento, prima chiamato Pulchrasilva per l’amenità del luogo. Amelio e Amico, i quali, benché soldati, esercitavano le virtù cristiane e conducevano vita di penitenza, morirono in quella battaglia, uniti così in vita e in morte (773). Desiderio si rifugiò in Pavia, presa poi da Carlo Magno il quale fece costruire una chiesa nel luogo della sua vittoria. Furono costruite poi anche altre due chiese: una in onore di S. Eusebio, dove fu sepolto Amico e l’altra in onore di S. Pietro, dove riposò Amelio: entrambe in due arche fatte venire da Milano. Il giorno dopo, il sarcofago di Amelio si trovò vicino a quello di Amico: allora il vescovo Albino comandò che i corpi dei due santi fossero conservati insieme nella chiesa di S. Eusebio di Mortara, dove ancora si trovano.
Amelio deriva dal nome della famiglia Ostrogota degli Amali,ed ha una etimologia molto incerta, pare voglia significare “uomo che vive nella macchia o nei boschi”.
Saragozza
Oggi 12 ottobre, si celebra la festa «pilarica», la giornata della Hispanidad: la giornata della Spagna e di tutte le nazioni di lingua e cultura spagnola.
E guarda caso! in questo giorno, si fece quella scoperta che renderà grande la Spagna ed espanderà la sua lingua, nelle Americhe dove per “Lei” e in nome dei suoi regnati andò Cristoforo Colombo!
Il più antico santuario non solo della Spagna, ma probabilmente della cristianità tutta è quello della «Beata Vergine del Pilar» a Saragozza, che da secoli chiama milioni di pellegrini.
La tradizione vuole che la cappella primitiva venisse costruita da san Giacomo il Maggiore verso il 40 d.C. in memoria della prodigiosa apparizione della Vergine, giunta in bilocazione da Gerusalemme a lì, per confortare l’apostolo molto deluso dei risultati della sua predicazione.Il «Pilar» è la colonna di alabastro sulla quale la Madonna avrebbe posato i piedi.
Alcuni mistici, come la venerabile Maria d’Agreda e Anna Caterina Emmerick confermarono questa antica narrazione attraverso le loro visioni e rivelazioni.
Storicamente, comunque, è provato che la chiesa di «Sancta Maria intra muros» a Saragozza esisteva molto prima dell’invasione araba, avvenuta nel 711. E forse in quell’antichissima chiesa aveva esercitato le funzioni di diacono, San Vicenzo, morto martire nel 304 d.C. Nel 1118, Saragozza, liberata dal dominio musulmano, ritornò capitale del Regno di Aragona e nel 1294 «Santa Maria del Pilar» venne restaurata ed ampliata.
Amico e Amelio (… – Mortara, 773) sono stati due paladini, venerati come martiri dalla Chiesa cattolica.
Amico e Amelio furono due nobili paladini, confidenti del re Carlo Magno.
Appartengono quindi al periodo carolingio, anche se nella loro vicenda, si riscontrano elementi più tipici del ciclo bretone di avventura, che del ciclo guerriero di Carlo Magno.
Al tempo di Pipino III, nacquero due bambini straordinariamente simili, l’uno figlio di un conte, l’altro di un soldato.
Si incontrarono a Lucca e, dopo aver stretto una profonda amicizia, si recarono al Laterano per ricevere il battesimo dal papa, che al figlio del conte impose il nome di Amelio, mentre al figlio del soldato il nome di Amico.
In ricordo del battesimo, ebbero in dono dal papa una coppa di legno, ornata d’oro e di pietre preziose. Si separarono e fecero quindi ritorno in patria.
Amico, dopo la morte del padre, lasciò la patria, con l’intenzione di raggiungere Amelio. Quando arrivò presso la sua dimora non lo trovò, in quanto Amelio si era messo in viaggio per raggiungerlo! Amico proseguì affranto il suo viaggio e arrivò a Roma dove, malato di lebbra, fu accolto da Papa Costantino. Dopo tre anni decise di ricercare Amelio, con cui finalmente si ricongiunse.
A seguito della minaccia dei Longobardi, nel 773 Carlo Magno mise in fuga il re Desiderio, fino a Mortara. Amelio e Amico, i quali, benché soldati, esercitavano le virtù cristiane e conducevano vita di penitenza, morirono in quella battaglia.L’imperatore decise di onorare i due martiri, facendo costruire due chiese sul luogo della battaglia: Amelio fu sepolto in un’urna, collocata nella chiesa di San Pietro, Amico nella chiesa di Sant’Eusebio (oggi Sant’Albino).
La leggenda narra che i due corpi furono però ritrovati uniti, in quanto l’amicizia tra i due era stata talmente sincera da renderli inseparabili anche nella morte.
Agli inizi del Novecento, sotto l’altare dell’Abbazia di Sant’Albino, vennero rinvenuti due loculi contenenti ossa umane che dovrebbero appartenere ai due martiri. Le ossa furono nuovamente murate e riportate alla luce durante i restauri del 1999; dopo l’esame al carbonio-14, eseguito dall’Università degli Studi di Pavia, le ossa sono state datate intorno all’anno Mille e e sono oggi riposte in un’urna, custodita nella chiesa stessa.