Il Santo del giorno, 11 Ottobre: Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano Secondo
Il Papa “Buono” che ha cambiato profondamente la Chiesa, per attraversare industrializzazione, contestazione giovanile, globalizzazione…
Forse il giorno della sua celebrazione, l’11 Ottobre (anche se la Chiesa lo pone alla data della morte il 3 Giugno) è stato scelto per ricordare la sua più grande oper, l’apertura del Concilio.
A me piace pensare invece che lo sia stato invece, per non dimenticare il discorso di quelle sera!: il discorso della luna, senza dubbio uno dei più celebri discorsi di papa Giovanni XXIII. Fu pronunciato “a braccio” l’11 ottobre 1962, dalla finestra del palazzo Apostolico della Città del Vaticano, alla folla riunita in piazza San Pietro. per la fiaccolata serale di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Stanco per gli impegni della giornata, Roncalli, chiamato a gran voce, decise comunque di affacciarsi, per limitarsi a benedire i presenti[1]. Poi si convinse a pronunciare un discorso semplice e breve che è divenuto una delle allocuzioni più celebri in assoluto della storia della Chiesa.
Il Cardinale Roncalli, da Sotto il Monte, fu eletto papa il 28 ottobre 1958 e in meno di cinque anni di pontificato riuscì ad avviare il rinnovamento totale della Chiesa.
Ai posteri, cioè agli storici, giudicare questo “rincorrere” il mutare dei tempi, da parte di una religione fondamentale nel mondo: una religione, cioè un insieme dottrinale e per di più per quella cattolica, rivelata, che dovrebbe essere immutabile, per definizione stessa!
Giovanni XXIII, anche per il suo aspetto “pacioso”, per il suo fare da nonno grassottello, è conosciuto con l’appellativo di “Papa buono”.
Fu terziario francescano ed è stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 3 settembre 2000; è stato canonizzato il 27 aprile 2014 da Papa Francesco.
Il suo pontificato fu segnato da episodi indelebilmente registrati dalla memoria popolare, oltre che da un’aneddotica celeberrima e vastissima. I suoi «fuori programma», talvolta strepitosamente coinvolgenti, riempirono quel vuoto di contatto con il popolo, che le precedenti figure pontificie avevano accuratamente preservato come modo di comunicazione distante, ieratico, e immanentista del «Vicario di Cristo in Terra», quale è il ruolo dogmatico del pontefice.
Per il primo Natale da Papa visitò i bambini malati dell’ospedale romano Bambin Gesù, ove benedisse i piccoli, alcuni dei quali lo avevano scambiato per Babbo Natale.
Il giorno di Santo Stefano, sempre del suo primo anno di pontificato, il 26 dicembre 1958, visitò i carcerati nella prigione romana di Regina Coeli, dicendo loro: «Non potete venire da me, così io vengo da voi…Dunque eccomi qua, sono venuto, m’avete visto; io ho fissato i miei occhi nei vostri, ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore..la prima lettera che scriverete a casa deve portare la notizia che il Papa è stato da voi e si impegna a pregare per i vostri familiari». Memorabilmente, accarezzò il capo del recluso che, disperato, inaspettatamente gli si buttò ai piedi, domandandogli se «le parole di speranza che lei ha pronunciato valgono anche per me».
Il radicalismo di papa Giovanni XXIII non si fermò all’informalità. Fra lo stupore dei suoi consiglieri e vincendo le remore e le resistenze della parte conservatrice della Curia, indisse un concilio ecumenico, meno di novant’anni dopo il Concilio Vaticano I; mentre i suoi consiglieri pensavano a tempi lunghi (almeno un decennio) per i preparativi, Giovanni XXIII lo programmò e lo organizzò in pochi mesi.
Il 25 dicembre 1961 nella Bolla d’Indizione “Humanae Salutis” aveva indicato la prospettiva del Concilio ecumenico nella ricerca dell’unità e nella pace del mondo.
Il Concilio fu dunque aperto ufficialmente l’11 ottobre 1962da Papa Giovanni XXIII all’interno della basilica di San Pietro in Vaticano con cerimonia solenne.
In tale occasione pronunciò il celebre discorso Gaudet Mater Ecclesia (Gioisce la Madre Chiesa)nel quale indicò quale fosse lo scopo principale del concilio:
« […] occorre che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione. »
Molto difficile, “bilanciare” fede, cioè le verità assolute e rivelate, e l’”adeguamento” ad un mondo che correva, poi la corsa si farà caduta e precipizio! verso una realtà senza religione o almeno dove ognuno ha la sua!
Per quanto si è voluto leggere, questo Concilio, anche sotto il profilo della continuità della Chiesa bimillenaria, è indubbio che prevalse la cosiddetta “ermeneutica” della discontinuità: la Chiesa venne rinnovata totalmente!
Dai fatti esteriori dei vestiti dei preti, alla partecipazione attiva dei fedeli ai sacramenti che ora il sacerdote officiava rivolta alla gente, quasi che questa fosse ora il centro, all’introduzione della lingua madre al posto del latino, fino ad affermare che la Parola di Dio non era Rivelazione statica, ma che doveva adattarsi ai tempi!
Che a molti è sembrato distruggere la stesse essenza dei dogmi (e così poi in molta parte è stato!), l’ecumenismo e l’apertura alle altre religioni: insomma la Chiesa, punto di riferimento fisso per secoli, sembrò relativizzarsi e secolarizzarsi, sminuendo, in certo qual modo, il clero e da quel momento non a caso iniziarono (con le messe suonate dalle chitarre!) la crisi delle vocazioni, ma per molti osservatori, studiosi, non necessariamente conservatori alla Lefevre, anche impoverendo il “messaggio” profondo!
La Chiesa certo è sopravvissuta all’industrializzazione selvaggia, alla contestazione del ’68, ma nel turbine della globalizzazione, gli effetti sono sotto gli occhi di tutti.