Alfio, Cirino e Filadelfo, furono tre fratelli romani, di origine patrizia, e per questo accusati, con la loro fede, di aver provocato la generale rovina in cui era caduto l’Impero.

Nel 250, l’imperatore Decio emanò un editto secondo cui ogni persona doveva effettuare un sacrificio alle divinità della Religione romana; il rifiuto avrebbe significato il rifiuto di sottomettersi all’impero e la pena sarebbe stata la condanna a morte.

È in questo contesto storico che, secondo la tradizione, verso la fine del 251, un plotone di soldati romani si presentò a Vaste, nel Salento, nella casa patrizia di Vitale e Benedetta, con l’ordine di tradurre in catene i loro tre giovani figli, rei di avere elusa la legge con la continua testimonianza di quella fede che avevano assimilato in famiglia.

Vennero prima interrogati e poi trasferiti a Roma, nel carcere Mamertino (quello in cui era stato rinchiuso anche Pietro, ai piedi del Campidoglio).

Poi forse per tentare di recuperare dei giovani patrizi, portati a Pozzuoli e quindi in Sicilia. Qui alle falde dell’Etna, durante una sosta, una donna pietosa donò ai tre fratelli altrettante castagne, che loro piantarono nel terreno. È la località oggi di Trecastagni, che l’espressione popolare vuole derivata da. “tre casti agni”, cioè tre agnelli, com’erano i tre fratelli!

Alfio, Cirino e Filadelfo vennero infine condotti a Lentini, dove ultimo di molti miracoli, fecero camminare di nuovo la patrizia Tecla, da oltre sei anni colpita da paralisi alle gambe. Allora per la fama che cresceva si decse di attuare la sentenza per i tre: ammanettati e frustati per le vie di Lentini, esposti allo scherno della plebe inferocita ed urlante, ad Alfio venne strappata la lingua (per questo motivo è considerato il patrono dei muti), Filadelfo fu bruciato su una graticola, Cirino fu immerso in una caldaia di olio bollente. Era il 10 maggio 253. loro corpi martirizzati furono legati con funi e trascinati in una foresta, chiamata “strobilio” per la gran quantità di pini esistenti. Le spoglie vennero buttate in un pozzo secco, vicino alla casa di Tecla, ormai convertita alla religione di Cristo, la quale, nella notte, accompagnata da parenti e da undici servi, estrasse i corpi e, diede loro degna sepoltura, in una piccola grotta, oggi contenuta nella chiesa di Sant’Alfio.

 

10 maggio

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Statua di San Filadelfo

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Festa di S. Alfio

La Chiesa ricorda anche

 

Sant’Amalario Fortunato, vescovo di Treviri

San Calepodio, martire

San Cataldo di Rachau, vescovo

San Comgall di Bangor, abate

San Dioscoride di Smirne

San Frodoino, abate di Novalesa

San Giobbe

San Giovanni d’Avila, sacerdote e dottore della Chiesa

Santi Gordiano ed Epimaco, martiri

San Guglielmo di Pontoise, sacerdote

Sant’Isidora la Stolta, vergine in Egitto

San Miro di Canzo, eremita

Santi Quarto e Quinto, martiri di Roma

Santa Solangia, vergine e martire

San Teodosio, martire pretoriano, protettore di Pietragalla (Potenza)

Beato Antonio da Norcia

Beata Beatrice I d’Este, monaca benedettina

Beato Enrico Rebuschini, sacerdote Camilliano

Beato Giusto Santgelp, mercedario

Beato Ivan Merz, laico della Croazia

Beato Niccolò Albergati, vescovo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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