Il maiale nello stalletto.

Nella campagna del mio paese, fin dai tempi più antichi, il maiale è sempre stato allevato in gran numero , grazie all’esistenza di una selva che si estendeva per molti ettari fino al mare e che era ricca di querce e pascoli, luogo ideale e conveniente per l’allevamento brado.
Nelle nostre cronache comunali e parrocchiali, si possono leggere antichi contratti fatti a questo scopo: già nel lontano 1443 un certo Sante di Donegaglia vende a due allevatori di Giovedia, 100 porcellini da ingrasso che si era procurati a Fano . Al termine dell’allevamento avrebbero diviso 50 maiali a testa.
Più tardi le leggi diventarono più restrittive a causa dei conflitti causati appunto dai danni dei maiali selvatici.
Nei nostri statuti medievali si cercava almeno di regolamentarne l’allevamento in paese dove: “nessuno poteva tenere più di una scrofa e vi erano pene pecuniarie per chi lasciava liberi i maiali per le strade”.
Leggi certamente disattese se ancora alla fine del 1600 e nel 1780 un’ordinanza diceva: “che niuno possa tenere porci vagabondi per la città , né legati per strade o vicoli, ma chiusi nei porcili distanti
dalle vie. Se qualche porco sarà trovato errante per la città, lo si avrà perduto e applicato a chi se lo piglierà”.
Bene o male, dunque , il maiale è sempre stata una presenza costante nelle nostre campagne: nella grande tenuta Torre del mio paese, in possesso della famiglia Torlonia di Roma fino al dopoguerra, nella contabilità dell’anno 1890 , sono registrati 31 scrofe, 2 verri e 130 maiali da ingrasso. Dalle 31 scrofe ogni anno nascevano da 200 a 250 maialetti , parte allevati nella tenuta e parte venduti a tre- quattro mesi d’età.

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