I Campi Flegrei, aumentano i terremoti e si sollevano più “velocemente”: punto critico entro 10-20 anni?
I Campi Flegrei (da flego, che in Latino vuol dire: brucio) è la caldera, cioè ciò che rimane di un supervulcano la cui ultima grandissima eruzione, circa 39.000 anni fa, alcuni studiosi mettono in relazione o almeno come concausa dell’estinzione dell’uomo di Neanderthal. Un’estensione di una ventina di chilometri che gli esperti tengono sotto monitoraggio e alta attenzione, ma che per i quali lanciano ora un allarme. Infatti, dal 2005 il terreno di tutta questa zona si sta alzando in maniera preoccupante e tra 10-20 anni, ci potremmo trovare ad un punto critico.
Lo afferma uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Scientific Reports e guidato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), con il contributo anche della Scuola Normale Superiore di Pisa.
I risultati rappresentano un ulteriore stimolo a mantenere alta la guardia sull’evoluzione futura dei Campi Flegrei, poiché il loro comportamento potrebbe modificarsi in futuro, sia rallentando che accelerando maggiormente. I ricercatori guidati da Andrea Bevilacqua hanno analizzato matematicamente la velocità e l’accelerazione del sollevamento del suolo, il numero degli eventi sismici e la loro energia, mettendo anche a confronto i dati registrati nel periodo 1983-2000 con quelli del periodo 2000-2020.
“Le nostre analisi mostrano un aumento della velocità del sollevamento del suolo e un aumento della frequenza dei terremoti a partire dal 2005”, dice Flora Giudicepietro dell’Ingv, una delle autrici dello studio. “Il sollevamento del suolo sta tuttora proseguendo – aggiunge Giudicepietro – e nel mese di ottobre 2022, presso la stazione del Rione Terra di Pozzuoli, lo spostamento verticale rispetto ai valori del 2005 ha raggiunto circa 100 centimetri”. I ricercatori hanno poi utilizzato un modello semplificato del sistema dei Campi Flegrei per calcolare un limite temporale entro il quale potrebbe toccare un punto critico.
“Potrebbe avvenire nell’arco di 10 o 20 anni, a seconda che si considerino rispettivamente i dati dell’attività sismica o quelli di deformazione del suolo”, spiega Bevilacqua. “È importante sottolineare, però, che il modello è valido solo nell’ipotesi che gli andamenti osservati negli ultimi due decenni proseguano in futuro nello stesso modo”.