È morto Vincenzo D’Amico, bandiera della Lazio per 16 anni
Stella dello scudetto biancoceleste del 1973-74, aveva 68 anni. Era ricoverato in ospedale, per una malattia oncologica, che lo aveva colpito e con la quale combatteva da due anni.
Vincenzo D’Amico è morto a Roma, era nato a Latina, aveva 68 anni.
Stella della Lazio del primo scudetto, quello che la banda Maestrelli vinse nel 1974, D’Amico di quella squadra è stato uno dei simboli. Vincenzino, come lo chiamavano tutti e come lo ricorda con commozione anche la società biancoceleste (“la nostra leggenda”), il fantasista di quel miracolo che portò la Lazio a laurearsi campione d’Italia. D’Amico non aveva ancora vent’anni.
Geniale e abile in campo, era stimato anche fuori dal campo per i suoi modi sempre gentili e signorili. Quando giocava non amava schemi e tattiche ma nella vita era rispettoso nei confronti di chiunque. Una scomparsa che si aggiunge a quella di tanti altri eori di quello scudetto, da Re Cecconi all’allenatore Tommaso Maestrelli, a Frustalupi, Chinaglia, Pulici, Facco, Wilson.
La partita con la malattia non l’ha vinta: ricoverato da alcuni giorni in ospedale, le sue condizioni si sono aggravate rapidamente. Con pudore aveva raccontato della propria malattia, non nascondendo la paura né la volontà di sconfiggerla. “Mi dicono che i malati oncologici tirano fuori forze inaspettate! Io ci sto provando!”: così aveva scritto in un post sui social lo scorso 6 Maggio, confermando di aver intrapreso la difficile battaglia con il tumore. Quelle parole avevano raccolto una lunghissima serie di di incoraggiamento da parte dei suoi tifosi ed amici.
La Lazio ricorda D’Amico, ‘una leggenda biancoceleste’
“Leggenda biancoceleste e coraggioso capitano nei momenti difficili della Società”.
Solo una volta litigò pubblicamente. Il ct della nazionale Enzo Bearzot lo aveva convocato soltanto per una partita con la maglia azzurra ma non lo fece neanche scendere in campo. D’Amico ci rimase malissimo e protestò pubblicamente per non aver mai avuto una spiegazione per quella esclusione che riteneva una ingiustizia. I suoi capolavori sportivi sono due: protagonista nella Lazio campione d’Italia nel 1974 e la tripletta all’Olimpico contro il Varese di Eugenio Fascetti grazie alla quale salvò la squadra dalla serie C nel 1982. L’anno prima, suo malgrado e tra le lacrime, era stato costretto ad andare a giocare nel Torino, unica parentesi nella carriera da calciatore con la Lazio, per consentire alla società di pagare i debiti. Con i colori biancocelesti ha giocato per 16 anni, dal 1971 al 1986 collezionando 336 presenze e 49 gol.
Dopo l’esperienza calcistica, arrivò quella televisiva. Si reinventò telecronista, commentatore apprezzato nella sua esperienza in Rai.