Accadde oggi, 1 Marzo: 1968, la “battaglia” di Valle Giulia – 1978: la sentenza al processo  Loockeed, dopo l’inutile caccia all’Antilope Cobbler!

 

Due fatti importanti per la storia dell’Italia contemporanea, accaduti il 1° marzo, a dieci anni di distanza: 1968-1978

di Daniele Vanni

 

1 Marzo 1968. Roma. Facoltà di Architettura di Valle Giulia. Gli studenti affrontano i poliziotti inviati a “rimettere ordine”. È “la prima” del Sessantotto romano. Al termine dei disordini la questura calcolerà 148 feriti, 47 dimostranti “medicati in ospedale”, quattro arresti, 200 denunce. Pier Paolo Pasolini, in un’invettiva non gradita al Partito comunista italiano, contrapporrà polemicamente agli universitari, “figli di papà prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati”, i poliziotti, per lo più meridionali, “figli di poveri… ridotti senza più sorriso, senza più amicizia col mondo, separati”.

La battaglia di Valle Giulia (1º marzo 1968) è il nome con cui è noto uno scontro di piazza tra manifestanti universitari e polizia, nell’ambito delle manifestazioni legate al movimento sessantottino, in cui i primi tentarono di riconquistare la Facoltà di Architettura dell’Università di Roma attaccando la polizia, che la presidiava dopo averla sgomberata da un’occupazione studentesca.

 

 

La cronaca

 

Alcuni membri del reparto “Celere” della Polizia di Stato e un funzionario di Polizia responsabile dell’ordine pubblico, con fascia tricolore, presidiano la zona immediatamente antistante la Facoltà di Architettura di Roma.

Dopo che, nel mese di febbraio 1968, la facoltà era stata sede di numerose iniziative politiche, molte coordinate da docenti, risoltesi nell’occupazione studentesca della facoltà, il 29 febbraio era stata sgomberata e presidiata dalla polizia, chiamata in causa dal rettore Pietro Agostino D’Avack.

 

Venerdì 1º marzo, circa 4.000 persone si radunarono in Piazza di Spagna, animando un corteo che si divise in una parte diretta alla città universitaria ed un’altra maggioranza a Valle Giulia, nell’intenzione di riprendere l’occupazione della facoltà. Giunti sul posto, gli studenti si trovarono davanti ad un imponente cordone di forze dell’ordine, e durante il fronteggiamento che ne seguì, un piccolo gruppo di poliziotti si separò per affrontare con violenza uno studente isolato; il collettivo reagì con lancio di sassi ed oggetti contundenti.

 

Solo gli ufficiali di presidio disponevano di armi cariche (la versione istituzionale affermò che ciò fu ordinato gerarchicamente per evitare il degenerare della situazione che si prevedeva incandescente, mentre “radio caserma” affermò – ripresa da fonti giornalistiche della destra estrema – che questa era una condizione ordinaria delle forze di polizia, dovuta alla carenza di fondi per l’acquisto delle munizioni). Gli scontri presto degenerarono in tutta l’area universitaria e, sorprendentemente, gli studenti mostrarono di essere in grado di reggere l’urto con le cariche della polizia, a differenza di quanto accaduto in precedenti scontri. A guidare l’attacco contro la polizia furono gli esponenti del disciolto movimento neofascista Avanguardia Nazionale Giovanile, che guidati da Stefano Delle Chiaie, erano già abituati agli scontri di piazza. Avanguardia Nazionale era inoltre supportata da alcuni esponenti del FUAN e del MSI.

Tra i partecipanti agli scontri di Valle Giulia vicini al movimento studentesco ritroviamo molte figure che avranno in seguito percorsi tra i più svariati: il regista Paolo Pietrangeli(che all’episodio dedicò la famosa canzone “Valle Giulia” divenuta un simbolo del movimento sessantottino), Giuliano Ferrara(che rimase ferito), Paolo Liguori, Aldo Brandirali, Ernesto Galli della Loggia, Oreste Scalzone.

Tra i poliziotti invece il futuro attore Michele Placido.

 

 

 

1 marzo 1978. Al termine di 23 giorni di camera di consiglio la Corte Costituzionale delibera le condanne sul caso Lockheed, uno dei più gravi scandali di corruzione degli anni ’70.

Mario Tanassi, ex ministro e deputato in carica, PSDI, viene condannato a 2 anni e quattro mesi, per corruzione aggravata insieme con i fratelli Antonio e Ovidio Lefebvre, e con il presidente di Finmeccanica, Camillo Crociani,che resterà latitante fino alla sua morte.

Viene invece condannato a un anno e nove mesi il generale Duilio Fanali, mentre l’ ex ministro Luigi Guiviene assolto con formula piena.

Nello scandalo era stato coinvolto anche l’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone, chiamato in causa da un articolo della giornalista Camilla Cederna.Nonostante fosse stata pienamente riconosciuta la sua estraneità, il 15 giugno 1978, su richiesta del PCI, Giovanni Leone aveva rassegnato le sue dimissioni.

Il presidente della Repubblica Giovanni Leone si dimette.

Già dal 1975,  Leone e i suoi familiari si trovano al centro di attacchi insistenti. Nel 1978, la giornalista Camilla Cederna pubblica un pamphlet, “Giovanni Leone. La carriera di un Presidente, su presunte irregolarità commesse dal presidente e dai suoi figli nello scandalo Lockheed”.

Ma le dimissioni, formalmente richieste dal Partito Comunista, arrivano dopo l’assassinio di Aldo Moro. Le accuse avanzate contro Leone non furono mai provate. Camilla Cederna viene processata e condannata per diffamazione al pagamento di un cospicuo risarcimento alla famiglia Leone.

L’Italia si è inutilmente appassionata alla vicenda di “Antilope Cobbler”: in sigla colui che avrebbe ricevuto le mazzette più importanti per “pilotare” gare di acquisto e, soprattutto manutenzione degli aerei.

Lo scandalo Lockheedriguarda gravi casi di corruzione avvenuti in diversi Paesi negli anni settanta, e in particolare: Paesi Bassi, Germania Ovest, Giappone e Italia.

 

Nel 1976, l’azienda statunitense Lockheed (oggi Lockheed Martin) ammise di aver pagato tangenti a politici e militari stranieri per vendere a Stati esteri i propri aerei militari.

Nei Paesi Bassi risultò coinvolta la stessa monarchia, mentre in Germania, Giappone e Italia i corrotti dalla Lockheed risultarono essere le strutture preposte alle valutazioni tecnico-militari dei ministeri della Difesa, i ministri della Difesa, e in Italia e Giappone anche i primi ministri.

 

In Italia, nel 1978, il presidente della Repubblica Giovanni Leone fu travolto dallo scandalo Lockheed e dovette dimettersi.

Vent’anni dopo, verificata l’insussistenza delle accuse rivoltegli per lo scandalo Lockheed, i radicali Marco Pannella ed Emma Bonino gli scrissero una lettera di scuse!

 

Nel 1976, molti soggetti coinvolti nelle trattative con la Lockheed furono accusati di aver intascato mazzette per miliardi di lire, per favorire l’acquisto di tali aerei da parte del Ministero della Difesa italiano, e alcuni di questi poi condannati.

 

 

Le complesse procedure per l’acquisto degli Hercules iniziarono nel 1968, con la valutazione delle necessità dell’aeronautica militare, di Costarmaereo (poi Armaereo), e delle forze armate in generale, di velivoli militari da trasporto.

 

L’acquisto degli Hercules C-130 (1971)

 

I candidati a sostituire i vecchi C-119, bimotori di produzione statunitense, erano: il C-130 Hercules della Lockheed, il Transall C-160 di produzione franco-tedesca, il G-222 della FIAT (progetto nazionale non ancora prodotto), e il francese Breguet Br 941.

Il contratto con la Lockheed fu firmato il 18 giugno 1971, per un valore di circa 61 milioni di dollari, di cui 53 milioni per 14 C-130 Hercules, e il resto per varie parti di ricambio.

Il contratto prevedeva un anticipo alla Lockheed di circa il 30% del valore della commessa.

Durante le trattative che portarono al contratto, dal 1968 al 1971 in Italia cambiarono 5 governi: il Governo Leone II, tre Governi Mariano Rumor (Governo Rumor I, II, III) e il Governo Colombo.

Questi Governi erano monocolore DC o quadripartito DC-PSI-PSDI-PRI.

I ministri della Difesa coinvolti nelle trattative e nel contratto furono Luigi Gui (per i primi tre governi) e Mario Tanassi (per gli ultimi 2).

 

Nel giugno del ’76 si aprì la caccia all’Antilope della Lockheed.

Documenti emersi dall’azienda americana indicavano con due nomi in codice i personaggi chiave da avvicinare e corrompere, per vendere gli Hercules all’Italia.

 

Il primo è Antelope Cobbler, letteralmente “Antilope Ciabattino”.

L’altro, meno noto alla stampa è “Pun”.

 

Secondo la decodificazione di Antelope Cobbler, a detta della stessa Lockheed, si trattava del primo ministro (Cobbler) del governo italiano (Antelope), l’autorità politica che ha il potere necessario per la decisione finale sull’acquisto.

Pun invece era la più alta autorità amministrativa-militare, che poteva permettere e supportare la scelta degli aerei fabbricati in Georgia dalla Lockheed.

La Corte costituzionale stabilì successivamente, dalle testimonianze e dai documenti, che Antelope Cobbler fosse molto probabilmente Mariano Rumor, che però ha sempre negato, mentre Pun era indubbiamente il capo dello Stato Maggiore dell’Aeronautica, cioè Duilio Fanali.

 

Dal processo Lockheed emerse anche l’Innominato, un nome in codice molto più italiano, per definire un personaggio “aduso a muoversi negli ambienti, oltreché militari ed industriali, politici e governativi, … « uomo assai potente che poteva influenzare anche la designazione di incarichi ministeriali»”. L’Innominato, secondo i giudici, era Camillo Crociani.

 

Ernest Hauser, che vendeva informazioni anche alla stampa italiana, indicò che dietro l’Antilope ci sarebbe stato un altro primo ministro abituale, Giulio Andreotti. Andreotti sarebbe stato, secondo Hauser, l’equivalente italiano di Tanaka e Strauss.

 

Alcuni giornali e settimanali riportarono che Antelope Cobbler e Aldo Moro potevano essere la stessa persona. La notizia fabbricata che Moro fosse Antelope Cobbler provenne da un taccuino dell’assistente del Dipartimento di Stato statunitense Loewenstein, dipendente da Henry Kissinger.

La Corte costituzionale archiviò la posizione di Moro il 3 marzo 1978, tredici giorni prima del sequestro brigatista di via Fani.

 

« gli elementi risultanti circa una pretesa identificazione dell’on. Aldo Moro con l’Antelope Cobbler non venivano ritenuti attendibili, sicché la stessa Corte il 3 marzo 1978 disponeva con ordinanza di non compiere al riguardo nuovi atti istruttori né di trasmettere gli atti ad altra autorità. »

(Fase Istruttoria – Corte costituzionale, 3 marzo 1978)

 

Giovanni Leone, che all’epoca dello scandalo ricopriva la carica di Presidente della Repubblica, fu chiamato in causa dal settimanale l’Espresso e da un libro di Camilla Cederna, come la vera Antelope Cobbler. Le accuse mosse contro Leone non furono mai provate. Nel caso di Leone però la fantasia giornalistica si sbizzarrì. Due interpretazioni dell’origine del nomignolo di Antelope Cobbler sono notevoli.

 

La prima voleva che Leone, in visita a New York, fosse rimasto affascinato da un paio di scarpe di antilope esposte in una vetrina, che poi avrebbe comprato per la moglie Donna Vittoria!!

 

La seconda che Cobbler fosse stato trascritto male, scambiando una G per una C; la versione corretta sarebbe dunque stata Antelope Gobbler, cioè mangiatore di antilopi che, come anche i bambini sanno, è il leone!!

 

Nel 1979, nelle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale concernente la terza parte della tangente complessiva, appariva verosimile che Antelope Cobbler fosse un democristiano:

 

« La Corte ritiene che tale « terza rata », diversamente dalle due precedenti, non sia stata corrisposta al Tanassi… Ed anche perché appare verosimile che la somma in questione sia stata invece corrisposta a quella parte politica, beneficiaria dell’intesa corruttiva conclusa dalla Lockheed nell’ottobre 1969, della quale si è già detto a proposito della rimessa di dollari 2.020.000 del dicembre 1969, e che per l’appoggio già dato o comunque promesso, non è credibile che avesse rinunziato ad ogni vantaggio dell’operazione. Ciò spiegherebbe la già ricordata annotazione sul memo di Cowden, che le spese politiche furono per « il partito del Ministro passato e presente » ; rimanendo d’altra parte fuor di discussione l’estraneità dell’on. Gui a tale ultimo pagamento. ».

 

 

 

 

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