Il 16 marzo è il 75º giorno del Calendario Gregoriano (il 76º negli anni bisestili). Mancano 290 giorni alla fine dell’anno.
Il Cristianesimo celebra:
Sant’Agapito di Ravenna, vescovo
Sant’Allo (Allone) di Bobbio Monaco
San Damiano di Terracina, diacono e martire
Sant’Eriberto di Colonia, vescovo
Sant’Eusebia, badessa di Hamay
San Giovanni de Brebeuf, gesuita, martire in Canada
San Giuliano di Anazarbo, martire venerato a Rimini
Santi Ilario, vescovo, e Taziano, diacono, martiri di Aquileia
San Papas, martire in Licaonia
San Sabino martire – Chiesa ortodossa e Chiese greco-cattoliche di rito bizantino
San Serapione, arcivescovo di Novgorod – Chiese Orientali
Beata Benedetta di Assisi
Beato Eriberto di Namur, eremita
Beato Ferdinando Valdes, vescovo
Beati Giovanni Amias e Roberto Dalby, sacerdoti e martiri
Beato Giovanni Cacciafronte de Sordi, vescovo e martire
Beato Torello da Poppi, eremita
Per la sua “toscanità”, abbiamo scelto di parlare per Voi del:
Beato Torello da Poppi, eremita
Secondo l’antica “Vita” anonima, il beato Torello nacque a Poppi (in Toscana) nel 1202 da genitori pii e devoti che lo educarono nel timor di Dio, forse esuli ferraresi. Rimasto ben presto orfano e allevato da parenti; in gioventù Torello passò anni nell’inquietitudine, prendendo la strada del vizio. Addirittura arrivando a furti e risse per mantenersi una vita sciagurata. Verso i vent’anni però, quasi improvvisamente, egli decise di cambiar vita.
E ciò avvenne davvero in modo singolare! Un giorno, quando appunto non aveva ancora vent’anni, se ne stava come al solito, all’ombra di un albero a giocare a dadi con i suoi compagni. Quando un gallo che si trovava appollaiato nei pressi, spiccò d’un tratto il volo per andare a posarsi sulla sua spalla ed emettere tre sonori “chicchirichì”. I suoi amici risero, ma quei tre gridi assordanti, senz’altro opera di Dio, parvero a Torello come un ordine perentorio: “Svegliati dal torpore della tua anima”.
E lui non ci pensò due volte: gettò per terra i suoi dadi e si recò immediatamente nella vicina abbazia vallombrosiana di San Fedele dove chiese di potersi confessare e di vestire l’abito monastico. Per meglio espiare i suoi peccati, volle ritirarsi in una zona selvaggia nota come Avellaneto, a circa un miglio da Poppi.
Ad Avellaneto, per circa sessant’anni, Torello condusse un’austera vita di contemplazione, conducendo un’esistenza fatta di preghiera e di grandi privazioni. Quando mangiava, si cibava di pane ed acqua. Dormiva solo tre ore per notte sulla nuda terra oppure appoggiando la testa su di un duro masso e il corpo su di un materasso fatto di rovi spinosi. Non parendogli ancora abbastanza, giungeva a strapparsi la barba e i capelli per resistere alle tentazioni. E per abito aveva un specie di sacco fatto con pelle di un maiale, realizzato in maniera tale che le setole fossero rivolte all’interno per provocargli dolore ad ogni movimento del corpo.
Molti miracoli in quel periodo si attribuirono a Torello, celebri sono quelli che riguardano i lupi.
Mentre Torello era tutto preso a guadagnarsi il Paradiso, gli abitanti di Poppi e dei dintorni erano terrorizzati da un branco di lupi, guidati da una belva tale che, per la sua abitudine di pascersi della carne dei poveri cristiani, era noto come “Lupo Humanino” o “Manino”. Capitò un giorno che una povera contadina di Poppi scese, come s’usava, al fiume per lavare i panni portandosi dietro il suo unico figliolo di tre anni.
Sennonché, il feroce lupo Manino, che era in agguato, prese fra le sue fauci il bambino e scappò via. La disgraziata madre lanciò un grido disperato e si mise ad inseguire la belva, senza speranza ormai di poter rivedere vivo suo figlio (sì sapeva che nessun essere umano gli era mai sopravvissuto), ma soltanto per poter seguire la sua unica creatura nel ventre del lupo.
Ma il lupo Manino era ormai ben addentro alla selva e già stava pregustando il suo tenero pasto, quando si imbatté nel nostro eremita Torello. Il quale, senza dimostrare alcun timore, gli ordinò di posare per terra il bambino e di rinunciare a mangiarselo. Miracolosamente, la belva divenne docile come un cagnolino, obbedì subito al comando del sant’uomo e se ne ritornò, mogio mogio, nel profondo della foresta.
Tutti gridarono al miracolo e g li stessi signori di Poppi, i fieri conti Guidi, campioni del ghibellinismo, rimasero colpiti dalla vicenda e inviarono un paniere pieno di carne ed ogni sorta di cibo all’eremita. Che, stranamente, accettò ben volentieri questo dono, ripose tutto quel ben di Dio all’interno della sua angusta cella e rese il paniere vuoto allo scudiero che glielo aveva portato. Il quale gli chiese come avrebbe fatto a mangiare tutto quanto. Torello gli rispose che gli avrebbe dato una mano un amico che sarebbe venuto a trovarlo una volta calate le tenebre e che era meglio per lui andarsene via. Inutile dire che lo scudiero, mosso da viva curiosità, si nascose nei pressi e attese che calasse il buio. E grande fu la sua sorpresa nel vedere arrivare nientemeno che il terribile lupo Manino che si mise a raschiare alla porta della cella e quando l’eremita gli aprì la porta, entrare e fargli ogni sorta di festa. E mangiare tutto il cibo che gli aveva portato.
Quando Torello si sentì prossimo alla morte, egli tornò dall’abate di San Fedele per aiuto spirituale e per esternargli il desiderio di essere sepolto nella chiesa del monastero.
Ritornato nel suo eremo, in compagnia del suo discepolo Pietro, il 16 marzo 1282, Torello, ormai ottantenne, morì.
La sua morte fu annunciata agli abitanti di Poppi e del Casentino con il suono delle campane che si misero in movimento senza intervento alcuno!
Il culto al beato Torello è stato confermato da papa Benedetto XIV. Il Martirologio francescano ricorda il beato il 16 marzo. Nello stesso giorno il beato è festeggiato nelle diocesi di Forlì e di Arezzo, nonché nella congregazione Vallombrosana.